sabato 7 settembre 2013

Alchimie.

Un crogiolo che scoppietta, che lancia bolle incandescenti, ma non ci saranno pepite di oro sul fondo. L’alchimista ha sbagliato formula e nel crogiolo rimarranno pezzi di roccia friabile, pomice per grattare via altre scorie.

Gli alchimisti del G20 hanno sbagliato le formule, continuano imperterriti a sbagliare. Se ne stanno lì riuniti, si scambiano opinioni (su cosa? Sul futuro dell’umanità? Sul progresso?), sorridono, si accigliano, si concedono ai giornalisti per declamare le loro convinzioni o i non risultati raggiunti, si mettono in posa per i fotografi che li immortalano da anni, sempre uguali, sempre col sorriso d’obbligo incollato in faccia, a mascherare la noia e forse l’imbarazzo di qualcuno che ancora lo prova, sempre gli stessi anche se i nomi cambiano, ogni tanto c’è una new entry, ma non se ne accorge nessuno, fissi nei ruoli che si sono assegnati da anni. E intanto il mondo frana sulle loro parole, le guerre (le più gettonate e le altre decine di cui si fa finta di non sapere) impazzano, i morti si calpestano come fossero oggetti necessari all’ordine del pianeta. Quando ascolto dalla voce più o meno soddisfatta di un inviato che i potenti della Terra si sono espressi con discreta fiducia sulle sorti economiche degli Stati, sulla ripresa dopo la crisi, “timida” ma c’è, soprattutto quando parlano della finanza mondiale, ho un rigurgito di nausea, devo letteralmente portare la mano alla bocca. Impalati, impettiti, si scrutano con occhio gelido, diffidando l’uno dell’altro. Gelidi, con menti e cuori di ghiaccio, determinano le sorti delle nostre vite. E allora, quando ascolto l’appassionato di turno, politico, sociologo, giornalista o uomo della strada (me compresa) che parla di diritti umani, di dignità calpestata, di equità sociale, di Pace!, provo lo stesso rigurgito. Di nausea e di rabbia.

Pieter Bruegel  L'alchimista, incisione.

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