giovedì 16 aprile 2020

Della solitudine 2020

Tempo di riflessioni. E se prima lo rincorrevo, incalzandolo, trafugandolo quasi di nascosto, il tempo,  ora si è dilatato, è una voragine in cui sprofondare. Non è una poesia, ma una riflessione dunque. D'altronde le mie sono sempre e solo riflessioni, anche se scritte in modo inconsueto. Forse.


Della solitudine 16 aprile

Della solitudine si parla molto
È la condizione di questo tempo,
 un privilegio anche.
È conficcata in me ma non è il virus.
Non è uno dei sintomi perfetti
per dire che sono malata
la solitudine non fa tossire
non toglie il respiro ai polmoni
non mi fa morire di paura
se mi i cola il naso, se la fronte scotta.
Quindi non faccio paragoni,
non m’inginocchio a piangere pregando.
M’accuccio invece come un cane
battuto dal padrone e non ho però
una coda da scodinzolare.
Forse emetto un mugolio lagnoso
forse digrigno i denti nelle notti
le notti più fredde e lunghe dell’anno
eppure è già metà aprile nel nido
dei colombacci in cima all’albero.
Non per me non per queste assenze
di parole di grida di sorrisi di carezze
che non ci daremo 
per quanto tempo ancora?
Un rospo grinzoso mi irride 
e mi tremano le ossa 
e le cartilagini stridono di rabbia
perché ti ho atteso per tanti anni
senza che tu lo sapessi e ora
mi sei vietato.
Potrei scagliare al cielo pietre di fuoco
potrei non perdonare tutto il male
potrei perdermi di scatto 
in un pelago scuro.
Precipitare  nel mio stesso cuore
come mi accadde in passato.
Ma sono equa.
Sui piatti della bilancia metto l’amore
e non oscilla il peso.  
Tanto avrai tu, quanto dono
all’altra metà di me,
quella lontana e silenziosa e schiva.
Una madre non fa differenze
una madre tace ascolta
tutto comprende
anche il non bene della solitudine.
A questa resto fedele allora, per non tradire,
per non sentirmi colpevole.
Di lei accetto questa pena
amara che mi conforta:
non ho scelto, non ho sofferto meno.



Umberto Boccioni "Controluce" (Ritratto della madre) 1909






sabato 4 aprile 2020

Mutamenti

Non so pensare al dopo. Non riesco a vedere con i miei occhi sfatti che hanno contagiato la mente. Ma so che ci saranno, per me, mutamenti.  E forse per altri.

Mutamenti    4 aprile 2020

Bivacco in questo accampamento
provvisorio - mi dico -
all’equo stringente tormento.
Non ci sono spazi radure d’alberi
cespugli accoccolati nel fitto
non ci sono rivoli salvifici,
ombre di sole o di luna
nel chiuso susseguirsi di ore.
Avverto le pulsazioni più acute
le nebbie umide degli occhi
le vertigini delle assenze.
So che verranno mutamenti
-sono in cammino, sul mio sentiero
franato sconquassato eroso -
Li aspetto sulla soglia in silenzio.
Sono mutamenti tutti i morti
sono mutamenti le solitudini
sono mutamenti le scoperte
dell’amore fraterno e pure
della fiducia tradita, in sospeso.

Ma tu, tu no. Tu no.
Tu non sarai mutamento
Occhi di luce lontana.
Stai bene, ti prego, abbi cura di te.
Metti la mascherina e i guanti
che questa primavera ci regala
Afferra il tempo tra le tue mura
assecondalo, sii gentile con lui.
Abbi pazienza e frena i pensieri.
Lascia solo che volino da me
lasciane liberi uno o due
per me, ché mi basteranno
e non avere pena per me,
per il mio fiato che ti pare affanno
o per tuo padre spericolato,
non essere chioccia con noi
anche se ci fa tepore
nelle stanze, questo tuo amore.

Scavalco quel muro giallo
abbatto i palazzi col bambino inquieto
-m’inquieta il suo piangere -
attraverso il cielo che oggi
ha poca pioggia nel ventre
e  forse qualche lama di sole.
Ti arrivo senza che tu mi veda
senza che tu te ne accorga
siamo insieme, siamo vicine.
Noi non avremo mutamenti del cuore.

Ma tu abbi cura di te, ti prego.




Claude Monet "Primavera"  1886

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