giovedì 29 maggio 2014

Memore.

Ora c'è l'estate che esitante viene a trovarmi. Un'ospite gradita e attesa, timidamente si annuncia facendosi largo, quasi timorosa, tra gli sbuffi di una primavera irascibile. Non sarà come le altre estati, però. Non mi lascerò trascinare dai vortici di aria bollente, non mi abbandonerò alle insensate speranze. Ne assaporerò i contorni netti che si stagliano nella luce accecante; la violenta fiammata dei suoi colori mi troverà pronta a carpirli, decisa a dipingere le mie giornate di fuoco. So cosa mi aspetta, stavolta. L'incanto di notti nere e lunari, avvolte di foschia umida non mi toglierà il respiro, me ne starò vigile e a occhi asciutti.

Memore

Memore di torpori sabbiosi
nella bocca si sfaldano parole
quelle che non ti ho mai detto.
Non tacerò più nei silenzi scuri
delle imposte serrate come le
braccia tue al petto misterioso.
Inebrierò le stanze di suoni
ardenti, di vino fresco bagnerò
le tue e le mie ferite pulsanti.
Memore di occhi vacillanti
nella menzogna del passato
brucerò candele fiorite di miele.
Una luce tremula ti raggiungerà
sospinta dal vento della notte
e tu vivrai in essa la tua estate.

Vincent Van Gogh - Notte stellata 1889

Se prendiamo il treno per andare a Rouen o a Tarascona, possiamo prendere la morte per andare in una stella.(lettera 545, Van Gogh)


sabato 24 maggio 2014

Vertiginosa solitudine.


La consapevolezza della solitudine si acquisisce lentamente, con il trascorrere delle stagioni, ognuna mutevole e allo stesso tempo unica nella visione perenne della memoria. Una goccia dopo l'altra, un pioggia pacata che non disturba dapprima, solo alla fine intride le permeabili certezze di cui ci si è arricchiti. Le certezze che scosse da un'improvvisa bufera si ghiacciano, diventano cristalli di neve, belli e inutili. La solitudine è la piena coscienza dell'inutilità delle proprie certezze. Senza di esse, si resta spogli, alberi con i rami nudi di verde protesi al cielo, ma il cielo è lontano e ci si rannicchia chiusi nel ventre della terra che è l'ultimo appiglio, il porto da cui il viaggio ha avuto inizio e l'approdo finale.
Diventa scelta allora, selezione voluta dal caso che ci ha spinto nel Caos, voluta da altri inconsciamente crudeli, da noi infine. Il rumore della vita degli altri si attenua, sentiamo lieve come un frullare di passeri, soltanto il rumore dei nostri pensieri, ci lasciamo avvolgere dalle loro braccia, sordi a ciò che è al di fuori.
La solitudine trascina con sé, magnifica e invitante come una ninfa del mito, verso l'incanto. Addormentati nel bosco fatato, siamo soli nella nostra vertigine.

Richard Wagner  -   Lohengrin  ouverture

mercoledì 21 maggio 2014

Essere altro. Non vorrei.

Sono in una fase della mia vita che definirei di "diffidenza" Diffido di ogni notizia, diffido della buonafede altrui, diffido soprattutto di me. E non mi piaccio, non mi piace questa donna che sono diventata. Detesto la volgarità della banalità, il giornaliero e pedissequo cicaleccio di tutti, le verità costruite ad arte, la tracotanza, il narcisismo che ormai contagia tutti, un virus da cui non si scampa. E le ambizioni personali, giuste un tempo, ora sono sempre voglia di riscatto, ma listate a lutto, hanno il color nero della vendetta. E allora mi interrogo se tutto questo abbia un senso e che senso abbia farne parte. Penso ad altri, sempre gli stessi, quelli che soccombono, che si tirano indietro smarriti, che si perdono dietro a sogni nebulosi. Quelli che continuano ostinatamente a cercare un significato da dare alla propria vita, sbagliando sempre la direzione di marcia; quelli che si ostinano ancora nella ricerca di se stessi. E non riesco a staccarmi da loro, perché, in fondo, io sono una di loro. E non potrei, né vorrei a questo punto della mia vita, in questo momento storico, essere altro.

venerdì 16 maggio 2014

C'è chi pensa a me.

C'è qualcosa di diverso in questa primavera tardiva. Sarà il sole che s'affanna a farsi largo tra le nuvole; sarà il vento del nord che soffia sulla città boccate di neve;  saranno le rondini che non schiamazzano (è il primo anno che non sono ancora arrivate e mi mancano); sarò io che non ho mai sonno, quel sonno tiepido e sfinito, così tipico del mese di maggio.
Nelle lunghe veglie mentre mi assalgono i rumori della città che stenta ad addormentarsi, non conto le pecorelle, ce n' è sempre una che si smarrisce e  vai a riacchiapparla dopo, così lascio scappare anche i miei pensieri e spesso vanno all'indietro come gamberi impazziti; oppure si precipitano avanti, brancolando alla cieca nell'oscurità del futuro. A volte però, si bloccano davanti a me, nel presente di oggi e si tramutano in volti. Quelli amati e quelli di chi non capisce l'amore. E di chi lo capisce e mi aiuta a capirlo meglio. Continua a parlarmi, mi dice parole che sono carezze, sillabe morbide come unguento sulle ferite. E io scivolo lentamente nel sonno, scortata dai segni cullanti che punteggiano il buio della stanza. Mi addormento e mi sento protetta. So che c'è chi pensa a me, chi pensa per me. E mi piace questa sensazione nuova, mi dà calma. Fuori la città stenta ad  addormentarsi, ulula di sirene e di cani tristi, ma io non ho paura. Non stanotte.

Wim Wenders - Il cielo sopra Berlino   1987

domenica 11 maggio 2014

2012

A mia madre che non c'è più.  2012


Una regina normanna
dalla collana d’ambra
e le piccole mani di cera
accarezzano l’aria che
mi toglie il respiro ancora
nelle veglie di un valzer
viennese avvolta di
rosa velluto danzante
sotto la cupola mi specchio
farfalla elegante
mi sfiori e poi prendi
per mano e volo con te.
Con te ho danzato
senza troppe parole
senza abbracci frementi.
Conservo l’odore viola
di paesi stranieri
dove tu, madre regina
Ti avvolgi nell’erba.



Edgar Degas - L'Etoile  1876



martedì 6 maggio 2014

Oltre l'involucro.

Ma perché tutta questa omologazione? Perché non si può e non si vuole essere diverse? Possibile mai che per ottenere qualcosa bisogna esporre non le proprie idee (come spesso si vorrebbe) bensì qualche parte del proprio corpo? Gli interrogativi mi frullano in testa da quando ho letto gli articoli (con foto annesse) pubblicati da molte importanti testate e che riguardano più che le opinioni di una esasperata portavoce della Lista Tsipras, il di lei, ritengo per la massa dei maschi più che apprezzabile, lato B (quasi un toponimo, davvero odioso). Prescindendo dal fatto che strangolerei volentieri colui che ha appioppato questa definizione al deretano femminile, tento di darmi delle risposte. Da donna.Se è pur inequivocabile che tutti i media, tutte le pubblicità, si sono appropriati del corpo femminile come se questo fosse un involucro del nulla, destinato a solleticare solo i sensi arrapati di alcuni uomini (con alcuni voglio essere ottimista), è anche vero che di un cervello, è scientificamente provato,  siamo dotate anche noi del cosiddetto sesso debole (!). Ma parrebbe che la notizia non si sia divulgata abbastanza nel composito mondo femminile, o forse si finge di ignorarla. E così lo spettacolo che si offre all'altrettanto composito pubblico maschile è costellato di bocche smisurate, tette strabordanti, cosce in bella mostra e culi (pardon, ma è voce del dizionario italiano) a mandolino, alla brasiliana e chi più ne ha da aggiungere, lo faccia. Sulle nostre facce di donne, la ruga non è ammessa, come in una caccia alle streghe di medievale memoria queste devono sparire. E le nostre facce di donne, di qualsiasi età ahinoi! sono costrette nella fissità eterna e fessa dell'oblio. Perché un volto senza una ruga è un volto di materia inerte, un volto che non ha vissuto. Giusto e ammissibile nell'adolescenza e nella prima giovinezza, assurdo e crudele dopo. Come negare la propria vita, gli amori vissuti, i dolori e le gioie. Sì, perché le rughe parlano anche di gioie ricevute nel corso dell'esistenza. Mi farebbe piacere, ma proprio tanto, se la smettessimo di inseguire il consenso, l'approvazione estetica, la voglia sporcacciona degli uomini; mi piacerebbe molto che ci mostrassimo per quello che serbiamo dentro al contenitore-corpo, bello o meno che sia.Detesto i moralisti, i bacchettoni, i bigotti. Ma mi auguro che, in futuro, nessuna donna debba sentirsi in "obbligo" di mostrare il proprio corpo per essere ascoltata. Mi auguro che, in futuro, ci sia qualcuna, almeno qualcuna, che si senta felice della propria "diversità". E mi auguro anche che i media la smettano di interessarsi con tanto fervore al "lato B" di una poco accorta donzella.


Pablo Picasso - Ragazza che piange

venerdì 2 maggio 2014

Lo sconosciuto.

Non è poi così facile dire di conoscere l'altro. Possiamo immaginare chi egli sia, possiamo crearci un' ideale visione di lui.  Possiamo amarlo o al contrario detestarlo per quella immagine che mostra di sé. Ma è solo una delle tante che custodisce, è una parziale faccia della sua personalità o del suo carattere. Un volto sfaccettato, come nei vecchi caleidoscopi i pezzetti di vetro si incastrano alla perfezione, dando vita alla suggestione visiva di un'immagine irreale.

Lo sconosciuto

Vive nel buco della memoria
Lo sconosciuto bugiardo
Ha occhi inquieti e mani
Vecchie di dubbi oscuri
Vive nel buco della mente
Lo sconosciuto pauroso
Ha voce rotta di pianto
Osceno senza rimorso
Vive nel buco del cuore
Lo sconosciuto nemico
Ha denti affilati come lame
Affondate nella carne
Innocente del passato.



Edward Hopper  -   Nightawks   1942   

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