martedì 30 aprile 2013

Meglio Gramsci.

Ieri ho ricevuto la telefonata di un istituto per i sondaggi che, tramite la gentile voce di una signora, mi sottoponeva a un fuoco di fila di domande riguardanti la politica e, soprattutto, l'attuale governo appena insediatosi. Come ciliegina sulla torta, alla fine, mi veniva rivolta la seguente domanda: "Secondo lei, la sparatoria avvenuta davanti a Palazzo Chigi, è frutto del gesto di un folle? Oppure è da attribuire a un sentimento diffuso di odio nei confronti dei politici?" Stretta alle corde perché, senza volere intaccare la drammaticità dell'episodio, mi veniva da ridere per l'incongruenza del quesito, ho dato la mia risposta. Secca come i sondaggi pretendono. Ora, vorrei proprio sapere chi è che costruisce i testi dei sondaggi, chi è che dà le opzioni maledettamente stupide. Ma dico, non è venuto in mente al genio che lo ha partorito, che forse un crimine potrebbe essere commesso da un individuo perché reso folle dall'odio, dalla rabbia, dalla collera, dall'iradiddiio di sentimenti negativi nei confronti della mala politica e di chi la rappresenta? Non gli è sorto neanche come dubbio, oppure non lo ha voluto esternare.
Al contrario, io sono del parere che oggi, più che mai, Amleto debba convivere tra noi, specie quando si tratta di politica e di uomini e donne che con questa hanno a che fare. Non si può più credere ciecamente, non si può più affidare la gestione della propria vita ad altri, senza esitazione alcuna; come d'altra parte, non si deve emettere un verdetto di condanna assoluta nei confronti di tutti, qualcuno da salvare ancora forse c'è e penso che faccia parte della schiera di quei giovani dai volti un po' smarriti, dalla parola non sempre pronta, che si è seduta da poco tempo sugli scranni, e non faccio distinguo di appartenenza politica. Anzi sì, veramente sì. Sempre ieri, ho risentito le parole di Antonio Gramsci dalla bocca di Elio Germano, una meravigliosa esortazione al non essere indifferenti, alla partecipazione e alla partigianeria, quando essa significa adesione morale a un ideale di libertà e di giustizia sociale. Allora sì, dicevo prima, faccio dei distinguo. E se questo è essere partigiana, ebbene sì, lo sono.

lunedì 22 aprile 2013

Senza essere schiava.

Se è impossibile per te vivere da solo, sei nato schiavo. Così scriveva Fernando Pessoa e le sue parole sono diventate le mie. La solitudine mi è amica, amante innamorata, da me richiesta e vezzeggiata sempre. L'ultimo vizio che mi sono concessa, l'ultimo grido alla vita. La manipolazione dei rapporti interpersonali non mi lusinga, fuggo dall'inganno di un sorriso e di una mano tesa, li lascio ad altri. Non voglio più catene, non voglio schiavitù, voglio la libertà di essere io, da sola, con il mio essere testardamente ferma, con i piedi conficcati nella terra fertile dei miei pensieri e dei miei sogni dileguati. Mi si accusa spesso di essere diventata quasi un'eremita, di evitare le occasioni conviviali, di non stare tra la gente. Tutto vero. Perché dovrei negare questa parte di me che reclama silenziosa quiete? Perché dovrei unirmi all'allegra combriccola che di allegro non ha niente, se non il ricordo di trascorsi tempi? Non è superbia malsana, non è ritrosia morbosa, no. Soltanto la consapevolezza di non volere più niente dagli altri e di non avere più niente da dare, non se quello che si vuole è l'assenso a un modo di vivere i propri giorni a occhi chiusi e bocche spalancate. Vivo una solitudine bellissima, circondata da inanimati e amati oggetti e da pochi animati esseri, amatissimi. Il resto lo lascio fuori e se riesce a penetrare, è perché glielo permetto, per un poco, senza lasciare che mi catturi. Senza essere schiava.

sabato 20 aprile 2013

Ordalia.

Leggo i commenti, ascolto le parole degli invitati all'ultima cena, guardo le stralunate facce dei politici, chi per la noia e la stanchezza di dover stare in aula ad aspettare l'ultimo diktat del leader, fuori tutti e niente voto per alcuni, insistere e resistere per altri, aggrapparsi al naufrago di turno per altri ancora. Dopo l'iniziale stupore e la conseguente presa di coscienza dell'inettitudine e improntitudine e no, mi fermo qui perché non voglio cadere nella volgarità dell'insulto, dopo tutto questo mio mare agitato di sentimenti beccheggianti, finalmente arriva la consapevolezza piena. Mi sento quasi gratificata nell'accoglierla, mi sento delusa e triste ma grata anche. Ora non ho più dubbi, in quell'aula non c'è la parte migliore del Paese e soprattutto non c'è quella più intelligente. Lo so, lo so, mi direte: ma come, te ne accorgi solo adesso? Ma che volete farci, io sono una sognatrice, una maledetta ingenua, una che nella politica con la P maiuscola si ostinava a crederci ancora. E invece, invece una débacle di ogni idea di democrazia o di rispetto per essa. Ho visto il grugno soddisfatto di un giornalista sovrappeso con seguito di grugniti soddisfattissimi;  ho visto il teschio calvo di un altro emettere sinistri ghigni; ho visto l'insopportabile confusione di chi crede di avere in mano l'uovo di Colombo con le spiegazioni plausibili. Notte dei lunghi coltelli, resa dei conti, battaglia finale, niente ha ormai importanza: il verdetto è stato emesso e il rogo e lì che arde. Un autodafé atteso, un'ordalia annunciata.    

martedì 16 aprile 2013

Il divoratore di libri.

Ci sono persone che leggono tantissimo, quelle che con un sorriso compiaciuto si autodefiniscono divoratori di libri, uno sul comodino accanto al letto e un altro sempre dietro, a dimostrazione che non possono far altro e non sanno farlo bene se non lo accompagnano con la lettura. Come dire, il pane non lo mangio mai da solo, per fortuna ho sempre il prosciutto per imbottirlo. Sanno, se hai una défaillance mnemonica, qual è l'ultimo libro dell'autore del momento; sanno qual è il libro in cima alle classifiche di quelli più venduti; sanno a menadito quali sono le migliori recensioni critiche e, se ne hanno l'opportunità fisica, sono i primi ad accomodarsi nelle prime file alla presentazione di un best seller, si badi bene best seller sì, ma di livello super, ovverossia con tutte le cosine a posto, gradito al palato raffinatissimo dei critici e degli intellettuali che più intellettuali non si può. Poi però, se anche tu hai letto un poco, nella misura giusta, senza divorare ma assaporando le parole lentamente e con estrema attenzione perché le ritieni importanti e perché le ami,  poi però, dicevo, se anche tu che hai letto un poco cerchi di scambiare con il divoratore di libri che magari ti trovi accanto per caso, un parere, un'opinione personale, una suggestione meglio, recepita e ancora galleggiante in te, ecco cala il silenzio, il divoratore di libri tace. Ti guarda con espressione timorosa e diffidente, bisbiglia con evidente imbarazzo, che forse gli è sfuggita qualcosa; altre volte, con un sospiro di sufficienza, si lancia nell'esposizione del testo che avrebbe letto, con grande slancio verbale, fino a quando tu, lettore lento e attento, con timidezza non lo blocchi sussurrandogli, forse stai parlando di un altro libro, forse hai fatto una leggera confusione. E il divoratore, a bocca aperta, stenta a crederti e annaspa mentre una mosca gli si aggira pericolosamente attorno alle labbra finalmente e definitivamente mute. Fino al prossimo libro divorato.

sabato 13 aprile 2013

Come un sigillo di ceralacca.

Non mi piace molto parlare d'amore, sarà a causa degli ormoni spenti; sarà perché ne parlano tutti; sarà anche perché dovrei parlare di tanti tipi di amore, non ce n'è mai uno solo. Però c'è un'arietta invitante che penetra da fuori, accompagnata da qualche strido di rondine, prima che cali la notte e il mio chiù si faccia sentire dal giardino di ombre scure; c'è una mitezza che mi fas sudare appena, premonitrice di torridi tramonti e le farfalle non giocano a rincorrersi nella mia pancia, né il sangue solletica le vene dei polsi, ma ne avverto il brusio remoto e allora torno al passato. Vivo l'amore come posso, negli occhi di un compagno, in quelli dei miei figli innamorati, in quelli dei bambini, pionieri dell'amore. Inchiodo un momento della mia vita, un ragazzo bruno troppo presto scomparso, lo inchiodo con gli altri, allineandoli e non sono tanti e molti sono stati insignificanti, ma diventano mito e li venero come falsi dei.
L'amore mi chiama anche nelle storie non mie e ha nomi diversi, di donne e di uomini, con i loro volti scoloriti che non vedo più, i tratti sempre meno noti, solo gli occhi restano vivi a trafiggermi, a dire che non mi lasceranno scappare via. Sono dentro di me, quegli occhi e mi scrutano e mi seguono, disegnano un sigillo come di ceralacca ai miei, perché siano ciechi ad altri.

mercoledì 10 aprile 2013

Come cocci di vaso.

Me ne sto afflitta a commiserarmi, mi aggiro per le stanze silenziose e odorose ancora dell'essenza dei miei figli, mi vengono le lacrime agli occhi e mi sento tanto stupida. Da un po' di tempo avverto il malessere fisico, naso chiuso ecervicale, come un'insidia alla mia libertà, la spossatezza fisica come una menomazione psichica. E a questo si è andata, via via, aggiungendo la pletora di avvenimenti nella vita sociale e politica di questo bizzarro luogo geografico, che non sono certamente eventi gradevoli o risolutivi, di quelli che ti danno una mano a tirarti su il morale, tanto per intenderci. E poi, le piccole delusioni personali del mio lavoro, ma quelle le tengo sempre in conto, fanno parte di questo mio giocare con le parole e un'altra in più fa solo mucchio. Però mi rode un po' questo stare a pezzi, un vaso rotto e l'acqua che si spande sul pavimento e non ho voglia di tirarla su, osservo i cocci e mi deprimo. Poi su skype appare il volto perlaceo di mia figlia e mi parla e mi redarguisce con toni amorosamente aspri e io sono l'adolescente confusa e sciocca, mi guardo nel piccolo riquadro e scorgo i miei occhi stupiti e felici. Gli occhi di mia figlia sono grandi e verdi e brillano con serena fermezza, come le sue parole. Mi riscopro figlia per alcuni minuti, poi il bianco del monitor cancella gli occhi della mia ragazza, così uguali a quelli di mia madre.

lunedì 8 aprile 2013

Fino a quando, muta.

Non saprei cosa scrivere, se le cose andassero per il verso giusto. Certamente, starei qui seduta a spremermi le meningi o a dare una frullatina alla mia fantasia per mettere giù, anzi nel ventre del PC, la storia che sto cercando di costruire. Ma non mi è possibile, la realtà da fuori aggredisce e mi sconvolge. Il triplice suicidio di Civitanova non mi permette di dedicarmi ad altro, ho fatto di tutto per trovare una spiegazione dentro me, ma l'assurdità di quelle disperazioni non ha spiegazione, non una che possa lenire lo sconforto. Di fronte a tanta vergogna, ingiustificata come ha detto qualcuno perché è vero che la povertà non dovrebbe essere una vergogna; di fronte a tanta dolorosa solitudine, perché è questo il senso di quanto è accaduto, mi sento inutilmente privilegiata. Perché non sono sola, perché ho degli affetti, perché ho ancora un lumicino acceso dentro, sapete, una lucina come quella che si tiene nelle camerette dei bambini così il buio è meno spaventoso. Sono sconvolta dall'accaduto e da quelli che gli fanno da cornice. Uomini e donne che vomitano frasi, oggi più che mai con l'osceno sapore della bestemmia; uomini e donne che annunciano e poi ritrattano; sorridono e ghignano, incapaci e furenti. Politici che scappano e giornalisti che inseguono, come in una scena di caccia alla volpe che non esiste più neanche dove era praticata. Recriminazioni, promesse, inganni, intrighi, affermazioni e dinieghi. Un quiz senza risposta finale, senza vincitore. Io continuo ad ascoltare, la testa tra le mani per fermare la vertigine di parole, muta e sconvolta. Fino a quando, non so.

giovedì 4 aprile 2013

Nella noia, mi incanto.

Che sensazione di noia mi prende in questi pomeriggi di primavera in germoglio, una voglia di allontanarmi da tutto, di non essere io ma altro, anche un albero con le gemme pronte a esplodere. Mi dico, ora esco e faccio una passeggiata, cammino perché così consigliano i medici, prendo un po' d'aria spessa di città, ne faccio scorta nei polmoni, guardo qualche vetrina spenta e qualcuna accesa, gironzolo, sorseggio un caffè, acquisto un libro alla Feltrinelli che è sotto casa e poi, poi a casa appunto. Potrei accendere allora la TV ma so già che non ne ho voglia, basta sentire le solite lamentazioni, i piagnistei o gli epiteti dei più facinorosi. Il libro che sto leggendo è un noir di un'autrice argentina, Clara Pereyra si chiama e mi ricorda un altro amore. Mi metto al libro che sto cercando di scrivere e Augusto, il mio "eroe" è più annoiato di me, mi pare, in questi giorni. Allora divago, resto incantata davanti alla tastiera e corro per altri lidi. Meno conosciuti, più lontani, ma che serrano come scrigni di pirati, un tesoro solo per me. Poi riapprodo a questa mia isola e la guardo e aspetto una telefonata, un gesto, un abbraccio.

martedì 2 aprile 2013

Solo per Gregor Samsa, firmo.

Recentemente ho preso una decisione drastica. Oddio, fino a che punto drastica si vedrà aall'occasione, ma per il momento è così. Ho deciso di non firmare più appelli per le più svariate cause o questioni. Fino a oggi la mia casella di posta elettronica è stata invasa da decine e decine di richieste, alle quali ho quasi sempre dato ascolto. Fino a quando un noto e gettonatissimo quotidiano non ha lanciato l'ennesimo grido in soccorso del famoso cantautore-ex assessore alla regione Sicilia perchè venga reintegrato nel ruolo da cui era stato allontanato per i più che chiacchierati fatti, che non sto qui a ripetere. La mia posizione è stata subito di dissenso, non tanto per l'argomentazione quanto per la maniera nella quale si è voluta esplicitarla. Un signore della sua età, con le sue competenze e soprattutto la sua sensibilità avrebbe potuto fare di meglio, senza creare equivoci, risentimenti e fastidiosi precedenti.  Sono rimasta anche stupita dall'eccesso di zelo che c'è stato nei suoi confronti, delle scuse sincere e delle spiegazioni pubbliche sarebbero bastate, secondo me. Ciononostante ho preso atto delle decisioni adottate e per me la cosa era finita lì. E invece, apriti cielo, ecco che arriva puntuale come la bolletta della luce, la richiesta di solidarietà. Allora mi sono interrogata, mi sono detta: ma è giusto chiedere il reintegro di un signore che già, con grandi meriti personali per carità, gode di ogni bene materiale e di ogni stima? In teoria sì.  Ma perché allora. non si dovrebbe fare lo stesso per ogni lavoratore che ha svolto il proprio compito con decoroso impegno e viene licenziato solo perché è diventato un peso economicamente "insostenibile" per la tale impresa? E la risposta che mi sono data alla fine propendeva per il no, non me la sentivo di firmare. Lo so che molti diranno che è un discorso populistico e forse lo è pure, ma non mi importa. E allora basta, ho deciso e per par condicio non firmo più niente, oggi mi si richiede l'autografo per un cantante o per la tigre bianca o per la balenottera azzurra. Domani potrei trovarmi di fronte all'incresciosa incertezza se firmare la salvaguardia della blatta germanica o orientalis. E no, quella proprio no. Tranne che dentro non vi si annidi il povero Gregor Samsa.

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