Quante volte ci è capitato di ergerci a giudici degli altrui comportamenti? Quante volte abbiamo stigmatizzato come "stupide, puerili, poco serie, incomprensibili, poco credibili" le azioni e le parole di una persona, anche vicina, unita a noi anche da vincoli parentali? Molte volte, temo. E spesso senza cognizione, senza riflessione alcuna. Se semplicemente ascoltassimo meglio noi stessi, se ogni tanto rivolgessimo le nostre cure a noi stessi, ci accorgeremmo di essere stati anche noi, in alcune circostanze, sindacabili di giudizi poco lusinghieri, di essere stati "stupidi, puerili, poco seri" e tutto il resto, se non di peggio. Ma ecco che, improvvisamente, ne prendiamo contezza e ci troviamo di fronte a un bivio. Possiamo provare vergogna e quindi soffrirne; oppure possiamo provare "indulgenza" per noi stessi. Il che accade spesso. E allora mi chiedo perché non operare il transfert e regalarla anche ad altri, a chi ne ha bisogno, a chi si muove male nella vita; a chi, in fondo, sta solo cercando se stesso negli occhi e nelle parole di chi gli sta accanto. Questa è, a mio avviso, una bella indulgenza, gentile appunto, buona da esercitare; religiosa anche, molto più di quella tramandata a noi tramite immagini di Santi portatori di miracoli.
Foto di Hengki Koentjoro