lunedì 17 dicembre 2018

Non c'è la neve.

Prima che arrivi il trambusto, prima che in quella notte io dimentichi, per una notte, ogni altra cosa. Ogni altro.


Non c'è la neve, il ciclamino
fiorisce
nel vaso sotto il limone
irraggiato
dai fili di seta del ragno
le ore non ballano nel
disco di legno
col gallo
sono corde protese
nel mare
gomene lanciate
alla spiaggia straniera
aspettano con me
quest'altro Natale.
Che sarà invadente
di voci di luci di canti
con cibo e giacigli
per le madri e i figli.
Le case accoglienti,
le porte serrate
a doppie mandate
terranno fuori
le ombre
le paure le angosce.
Faremo bevute
dai calici
e il rossore sarà
senza sangue
senza battiti strani
alle porte serrate
alle finestre sprangate.
Staccheremo i fiocchi
e le carte tra i piedi
com'è d'obbligo che sia,
rideremo di gioia vera
ragazzi bambini vecchi
vecchi giovani cuccioli
gireremo
tra aghi di pino
mentre nasce
un Bambino.
Sempre quello
aspettato
con pecore e stelle
- i più piccini avranno negli occhi
tremule fiammelle -
Ma sappiamo, oh se sappiamo,
che a notte finita col freddo che sale
dalle ossa di terra,
pietre diventano
i canti e le risa.
Sappiamo, oh se sappiamo
che fuori è ancora notte
per troppi, per tanti
che il mare è senza Natale
che oltre le porte serrate
c'è un altro Bambino
ed è sordo, ed è un male.



Vincent Van Gogh "Notte stellata"  1889











venerdì 7 dicembre 2018

Ma chi? Ma dove? Ma quando?

Come spesso accade sono i buoni libri e i grandi scrittori ad aprirci la mente. O semplicemente ad accendere in noi una lucina, a darci un pizzicotto, a soffiarci nell'orecchio, biblicamente, la voluttà della conoscenza. 
C'è uno scrittore israeliano che amo molto - insieme al connazionale Amos Oz - Abraham Yehoshua  e oggi l'ho ascoltato in un'intervista esprimere il suo pensiero sull'Europa, su quell'idealità di Europa Unita che i padri fondatori avrebbero voluto e che non esiste nella realtà. Da scrittore magnifico e da israeliano eccentrico qual è Yehoshua parlava di un sentire comune, di leggi e diritti; e  di società culturalmente e giuridicamente ed economicamente coese : parlava, insomma, di un'Europa Unita, unica, inviolabile, forte. I cui interessi non fossero rivolti alle dispute economiche-commerciali-mercantili  che assumono sovente un aspetto grottescamente ridicolo, bensì a una solidale cooperazione tra gli stati membri, volta alla crescita e al benessere dei cittadini europei. E, ancora, si rammaricava della Brexit, ravvisando in essa i prodromi di una sconfitta catastrofica di quell'idealità europeista.
Mentre stavo a sentire  mi rendevo conto che, con quella nitida e lapidaria semplicità - che incide nel profondo - il grande Yehoshua mi dava voce, faceva sì che anche io potessi parlare.
Erano quelle le parole che io ho sempre avuto dentro, che mi ruzzolavano nella testa; era quello, lo stesso senso di sbigottito sconforto quando appresi della decisione degli inglesi di uscire dalla UE. E mi sono ricordata di un altro sbigottimento sdegnato, da parte di alcuni, ogni qualvolta mi sono presentata come europea, italiana, siciliana. Sì, proprio in quest'ordine.
Invertendo il sentimento di molti, in questi tempi balordi soprattutto, che si proclamano con la mano sul cuore: siciliani (o padani, o sardi e via per tutte le regioni), e poi italiani, sì. Ed europei? Ma chi? Ma quando? Ma dove? 
Io continuo ad amare Yehoshua. Mi rifugio nei suoi libri. Per continuare a vivere.


Emil Nolde "Natura morta con maschere"  1911

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