La vida es sueño dice Calderòn de La Barca. E io dico che i sogni sono, possono diventare vita.
Non mi resta che cercarti nei sogni
Non mi resta altro di te
non mi restano altro
che i sogni.
In questi, arrivi puntuale
non ti s’inceppa il tempo.
Mi cammini davanti chiara
come una folgore indichi
I luoghi, le stanze
ariose di echi di canti
di sussurri nascosti
tra le tende e i letti,
inganni e trappole
degli occhi ciechi
sei abile a crearli,
fata Morgana
Mi fai vagare,
mi spezzi le ginocchia
perché sai
di avermi in pugno,
sono più vecchia di te
che attraversi il labirinto
tutta spedita
conosci il percorso, tu.
E livide macchie s’annidano
improvvisamente
dietro una porta chiusa.
Dietro ci può essere
di tutto, ci può essere
un prato e un gatto
color cipria
o un usignolo nella gabbia
che s’arroventa al sole.
Ci può essere una donna
che cuoce una torta
o anche un uomo
che non riesce a piangere.
Folate di vento s’alzano
s’allungano dietro di me
lenzuoli di neve,
la porta scricchiola sui cardini
e la mia mano trema.
Ti sei dileguata, vita?
René Magritte, La filosofia nel Boudoir, 1954
martedì 21 maggio 2019
giovedì 2 maggio 2019
Da una frase.
Da una frase di un poeta amato, poche parole e si torna indietro. A un viaggio a Lisbona, mai completato. A un'amicizia di cartapesta che si dissolve.
Segui il tuo destino,
bagna le tue piante,
ama le tue rose.
Il resto è l'ombra di alberi
estranei.
Fernando Pessoa
Mi sono detta 'è quello che faccio'. Curo le rose, osservo i boccioli che stiano bene senza pidocchietti, vado in estasi accanto alla tunbergia che esplode tra i tralicci vestendoli di viola, spio le gentili dature, giocano a fare le timide fanciulle e non si risolvono a dare i cerulei grappoli; mi chino presso l'ortensia che promette segrete infiorescenze, di tinta ancora incerta, sfioro con lo sguardo la lobelia che pare arricciarsi tutta, è una pianticella sdegnosa. E i gelsomini s'allungano al vento lieve e pure il plumbago scatta verso l'alto, alla ricerca di luce. La camelia, soltanto, con foglie croccanti e dipinte come da un lucidalabbra, s'è già addormentata, non fiorisce in aprile. E le margherite candide ridono sulla siepe. Liriopi e ceratostigma non son precoci, partoriranno sul finir dell'agosto. L'agliastro, il rosmarino, la mentuccia e gli altri aromi stanno nei vasi ad aspettarmi, li visito spesso. Sotto gli imponenti alberi che custodiscono questo piccolo spazio, crescono due vecchi agrumi, tutti annodati, un mandarino e un limone,
daranno qualche frutto, di dimensioni sparute, ma succosi e aspri.
In un canto, solitaria, selvatica si tende la mia erica. A lei il mio cuore, perché è di carni delicate, fragili fusti svettanti, campanelle trasparenti color d'altre aurore, teme il calore delle mie estati: la proteggerò, le darò i sogni delle sue lande nordiche, la bagnerò con acqua fresca, come se fosse pianto. A tutte loro, ad ogni pianta, posso dare un nome, sono tutti qui, tra queste zolle ricoperte di ciottoli di fiume, i miei amori.
Gli alberi estranei li riconosco, li ho già visti e non mi ingannano più. La loro ombra non mi segue, io non vi cerco riparo. Non più.
Sara Wilson "Il giardino segreto" 1996
Segui il tuo destino,
bagna le tue piante,
ama le tue rose.
Il resto è l'ombra di alberi
estranei.
Fernando Pessoa
Mi sono detta 'è quello che faccio'. Curo le rose, osservo i boccioli che stiano bene senza pidocchietti, vado in estasi accanto alla tunbergia che esplode tra i tralicci vestendoli di viola, spio le gentili dature, giocano a fare le timide fanciulle e non si risolvono a dare i cerulei grappoli; mi chino presso l'ortensia che promette segrete infiorescenze, di tinta ancora incerta, sfioro con lo sguardo la lobelia che pare arricciarsi tutta, è una pianticella sdegnosa. E i gelsomini s'allungano al vento lieve e pure il plumbago scatta verso l'alto, alla ricerca di luce. La camelia, soltanto, con foglie croccanti e dipinte come da un lucidalabbra, s'è già addormentata, non fiorisce in aprile. E le margherite candide ridono sulla siepe. Liriopi e ceratostigma non son precoci, partoriranno sul finir dell'agosto. L'agliastro, il rosmarino, la mentuccia e gli altri aromi stanno nei vasi ad aspettarmi, li visito spesso. Sotto gli imponenti alberi che custodiscono questo piccolo spazio, crescono due vecchi agrumi, tutti annodati, un mandarino e un limone,
daranno qualche frutto, di dimensioni sparute, ma succosi e aspri.
In un canto, solitaria, selvatica si tende la mia erica. A lei il mio cuore, perché è di carni delicate, fragili fusti svettanti, campanelle trasparenti color d'altre aurore, teme il calore delle mie estati: la proteggerò, le darò i sogni delle sue lande nordiche, la bagnerò con acqua fresca, come se fosse pianto. A tutte loro, ad ogni pianta, posso dare un nome, sono tutti qui, tra queste zolle ricoperte di ciottoli di fiume, i miei amori.
Gli alberi estranei li riconosco, li ho già visti e non mi ingannano più. La loro ombra non mi segue, io non vi cerco riparo. Non più.
Sara Wilson "Il giardino segreto" 1996
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