lunedì 25 dicembre 2017

Vorrei.

I giorni di festa sono giorni gonfi di sentimenti. E se c'è l'assenza, se c'è la distanza fisica, i sentimenti si dilatano, crescono a dismisura, avvolgenti come il sacco amniotico.

Vorrei vedere.


Vorrei vedere
i tuoi stivali nuovi
Vorrei vedere
il tuo passo veloce
nel mattino pallido
Vorrei vedere
la tua mano
tra i riccioli
e il vento del mare
li muove e muove
I tuoi capelli
e la tua mano
Vorrei vedere
e posarvi la mia.
Vorrei vedere
i tuoi occhi
allagati di sole
così grandi
da contenerlo il sole.
Vorrei vedere
i tuoi jeans stinti
seguirli nelle piazze
Vorrei sentire
il tuo rumore
la porta che sbatte
il lancio della borsa
che sulla sedia
s'abbatte.
Vorrei vedere
vorrei sentire
tutto di te
ogni millesimo di fibra
che lo spazio arricchisce
ogni pulviscolo di aria
che dalla tua gola esce.
Vorrei.



Pablo Picasso  "Buste de femme"  1940

lunedì 18 dicembre 2017

Perché è così.

Nonostante tutto, anche quando non c'è proprio tutto e le assenze sono aghi conficcati. Nonostante tutto si vive.

Perché è così.

Faccio larghi sorrisi
Appena alzata
Col canto del gallo
Sveglio solo per me
Mi invento le stanze
Le affresco
Con le immagini
Trascolorate
Le accordo
Alle voci
Di dentro
E cammino a lungo
Nel giardino freddo
Che s’apre piano
A un breve raggio.
Faccio tutto con calma
E il cuore batte
Dove stanno le gallerie
Di sangue vivo 
Io vivo.
Nonostante tutto
Nonostante lei
Faccio larghi sorrisi
Faccio ogni cosa
Perché è così.


Claude Monet  " La liseuse"  1871 
 










lunedì 11 dicembre 2017

Le vite degli altri.

Prendendo spunto da un brevissimo post letto ieri.
Nel quale l'autore, concisamente e velocemente, stroncava quella che ormai è  la dottrina religiosa di Facebook. Ovvero che si è "amici". Che i rapporti che intercorrono tramite i mi piace, gli emoticon, i commenti graziosi e teneramente articolati, siano le spie luminose dei rapporti di amicizia. E qui inizia il mio smarrimento, il mio turbamento.
Nulla togliendo agli effetti benefici del social per coloro che ne traggono un vantaggioso ritorno di immagine in quanto la loro professione richiede un pubblico vasto; e nulla togliendo alla necessità di molti di aggirare le solitudini passeggere e le nostalgiche fughe del cuore verso una gioventù sempre più lontana, resto perplessa e titubante , anche io, sulla reale consistenza dei legami che si possono instaurare in queste pagine che scorrono e scorrono molto più velocemente della vita quotidiana. Non voglio dire che non ci si possa incontrare per affinità elettive, succede, mi è successo ed è gradevole. Ci si sente confortati, ci si sente più forti e preparati ad affrontare le vicissitudini che, implacabilmente,  ci richiedono attenzione e cura. Nascono affetti, simpatie, afflati di empatia ed eccola qui la condivisione pronta a espletare una funzione salvifica, rigenerante, amorevole.
Ma per quanto? E soprattutto perché e per chi?
Le risposte non sono né semplici, né categoriche, né hanno una valenza universale.  Ma verosimilmente, alla prima domanda si può rispondere "per tutto l'arco di tempo in cui resterò a far parte di questa piattaforma virtuale"; e alla seconda e alla terza domanda, verosimilmente, si può rispondere "perché mi suscitano interesse e curiosità, mi stimolano le vite degli altri ( o quello che mi appare delle vite degli altri); e all'ultima, appunto la più importante, verosimilmente si può rispondere "perché provo un sentimento di comprensione, di affetto, di amicizia (di amore?) per qualcuno che ho incontrato sempre qui, su questa piattaforma che viaggia nell'etere con tutti noi appesi a fili invisibili.
Quindi, l'interesse, la curiosità per la vita degli altri. E ancora, addirittura, l'affetto, l'amicizia se non una forma d'amore.  E qui mi blocco, mi inchiodo. Perché sono parole belle, espressive, parole tenere e forti che vanno pronunciate con pudore e rispetto.
I miei ragazzi, i miei giovani favolosi, tutti più scafati di me, sorridono scuotendo la testa, sono cinici prima che l'orologio temporale glielo consenta di esserlo. Sanno meglio di me come va il mondo, questo mondo di nebulose fittizie, questo mondo di schermi lattiginosi lo frequentano da molto più tempo di me, io sono una neofita in fondo. E mi prendono anche un poco in giro, amorosamente crudeli.
Io resto interdetta, sono dubbiosa: dico e mi contraddico come ha scritto nel  suo post quel mio contatto (non amico!) e mi piace pensare a quel film di un po' di anni fa, bellissimo, tragico, struggente film: "Le vite degli altri". 

domenica 10 dicembre 2017

Mi confortano quelle pagine.

Mi è stato di grande conforto apprendere, oggi, che Amos Oz,  David Grossman, Abraham Yehoshua e molti altri esponenti della vasta galassia della cultura ebraica, hanno sottoscritto un appello per il riconoscimento universale della Palestina come Stato sovrano. Mi è è stato di conforto ma ne ero certissima, si può dire che li aspettavo al varco con ansiosa gioia. Perché li leggo, li conosco, li amo. Le loro voci dovrebbero essere ascoltate molto più che quelle dei politici di professione, molto più dei presidenti trafficanti e dei premier infingardi.
La rivendicazione della Palestina, sacrosanta, annega nella notte dei tempi ed è sempre stata causa di conflitti sanguinosi, di distruzione, di morte.  E sempre lo sarà se non si inverte la rotta, ultimamente impressa con folle accelerazione da un presidente ottuso, vanesio, incolto, rozzo che, ahinoi, ha il potere di giocare con i destini del mondo.
La Gerusalemme d'oro che mi incantò nelle pagine di Yehoshua;  la Gerusalemme dai cieli tersi e brillanti di stelle nelle fredde notti invernali che mi trascinò per vicoli sassosi e dentro locali fumosi e speziati nelle pagine di Oz, è città aperta, è città di tutti.
E non è forse bellissimo, misteriosamente bello che ci sia, in questo tempo stretto nelle corde della pazzia, avere un luogo comune a tutti noi? Un luogo che possa rappresentarci, seppure nelle diversità?
Mi ferisce sapere  - e non mi appare casuale - che a Betlemme ci siano stati gli scontri più cruenti. Sarà un lascito della mia immaginazione, sarà questo tempo dedicato alla preparazione della Natività per i cristiani; sarà perché al di là della fede e dello spirito religioso, quella lieta novella di un Bambino che rinasce mi emoziona, mi commuove.  Tra tanta morte, la vita è il segno del cambiamento, della speranza, del progetto.
La Gerusalemme Celeste, invocata nelle liturgie, è forse già qui, tra di noi. E non riusciamo a scorgerla. O non vogliamo.

lunedì 4 dicembre 2017

Au revoir les enfants!

Dovrei aggirarmi dalle parti dei buoni sentimenti, sarebbe più consono al periodo riflettere sull'amore e la generosità. Ma i tempi suggeriscono, anzi mi dettano altro. I comportamenti, le azioni, i gesti e le parole che mi arrivano mi impediscono di sciogliermi nella transitoria ricerca di quell'armonia interiore che diventa urgente impegno ogni anno, sotto Natale. Alle ansie personali, alle intime angosce e delusioni si affiancano le voci dissonanti e disarmoniche del fuori, del mondo esterno. Che non è, già di per sé, visione gratificante, niente di bello spunta sotto il sole o sotto  la pioggia da un bel po'. E ultimamente ancora meno accettabile è diventato, per me, ascoltarne il rumoroso e stridulo respiro,
"Sono ragazzi!" è l'alito emesso da un politico per giustificare l'atto di un gruppo di neonazisti. Sono ragazzi! Come se questo bastasse a renderli innocenti, forse un pochetto stupidi sì, nella loro volontà di violare la libertà degli altri; come se questo bastasse a chi se ne sente offeso. E ancora "Non hanno commesso nessun atto di violenza!" E allora, arriviamoci alla violenza, lasciamoli fare, so' ragazzi! Un pochetto stupidi, magari.
Ho ascoltato le reazioni, quasi piccate di certi esponenti politici che hanno buone probabilità di governare il nostro Paese, reazioni sul filo della sufficienza, della noia, perché "basta con quest'odio, bisogna storicizzare il fascismo" Storicizzare il fascismo? Il nazifascismo? Ma, mia cara signora Mussolini, sono già da tempo, storicizzati! Come le due più feroci dittature del ventesimo secolo. Sì, insieme al comunismo di Stalin.
Mi sento umiliata, inutile e vecchissima perché soffia un vento maligno per l'Europa e pare che non sia avvertito, non come si dovrebbe. E ci sono pure quelli che lo giustificano, l'agitarsi di questo vento maligno, dicono: "Colpa delle diseguaglianze, colpa della povertà crescente, colpa della mancanza di posti di lavoro, colpa degli immigrati che tolgono casa e lavoro." Forse è anche questo, ma non solo. No. C'è come la ricorrente voglia di affidarsi al Padre, al padre padrone che a tutto provvede, a tutto si presta. E non importa se dietro il sorriso ci sono zanne e se la mano tesa a noi cela l'uncino, si può correre il rischio, l'importante è non pensare, l'importante è avere fiducia in quelle tre parole Dio, Patria, Famiglia. I fondamentali per tornare a sentirsi operosamente sicuri.
"So' ragazzi!" direbbero a Roma.
Io porto nel cuore altri ragazzi, so' vecchia io.
Au revoir les enfants!

Lettori fissi