lunedì 11 dicembre 2017

Le vite degli altri.

Prendendo spunto da un brevissimo post letto ieri.
Nel quale l'autore, concisamente e velocemente, stroncava quella che ormai è  la dottrina religiosa di Facebook. Ovvero che si è "amici". Che i rapporti che intercorrono tramite i mi piace, gli emoticon, i commenti graziosi e teneramente articolati, siano le spie luminose dei rapporti di amicizia. E qui inizia il mio smarrimento, il mio turbamento.
Nulla togliendo agli effetti benefici del social per coloro che ne traggono un vantaggioso ritorno di immagine in quanto la loro professione richiede un pubblico vasto; e nulla togliendo alla necessità di molti di aggirare le solitudini passeggere e le nostalgiche fughe del cuore verso una gioventù sempre più lontana, resto perplessa e titubante , anche io, sulla reale consistenza dei legami che si possono instaurare in queste pagine che scorrono e scorrono molto più velocemente della vita quotidiana. Non voglio dire che non ci si possa incontrare per affinità elettive, succede, mi è successo ed è gradevole. Ci si sente confortati, ci si sente più forti e preparati ad affrontare le vicissitudini che, implacabilmente,  ci richiedono attenzione e cura. Nascono affetti, simpatie, afflati di empatia ed eccola qui la condivisione pronta a espletare una funzione salvifica, rigenerante, amorevole.
Ma per quanto? E soprattutto perché e per chi?
Le risposte non sono né semplici, né categoriche, né hanno una valenza universale.  Ma verosimilmente, alla prima domanda si può rispondere "per tutto l'arco di tempo in cui resterò a far parte di questa piattaforma virtuale"; e alla seconda e alla terza domanda, verosimilmente, si può rispondere "perché mi suscitano interesse e curiosità, mi stimolano le vite degli altri ( o quello che mi appare delle vite degli altri); e all'ultima, appunto la più importante, verosimilmente si può rispondere "perché provo un sentimento di comprensione, di affetto, di amicizia (di amore?) per qualcuno che ho incontrato sempre qui, su questa piattaforma che viaggia nell'etere con tutti noi appesi a fili invisibili.
Quindi, l'interesse, la curiosità per la vita degli altri. E ancora, addirittura, l'affetto, l'amicizia se non una forma d'amore.  E qui mi blocco, mi inchiodo. Perché sono parole belle, espressive, parole tenere e forti che vanno pronunciate con pudore e rispetto.
I miei ragazzi, i miei giovani favolosi, tutti più scafati di me, sorridono scuotendo la testa, sono cinici prima che l'orologio temporale glielo consenta di esserlo. Sanno meglio di me come va il mondo, questo mondo di nebulose fittizie, questo mondo di schermi lattiginosi lo frequentano da molto più tempo di me, io sono una neofita in fondo. E mi prendono anche un poco in giro, amorosamente crudeli.
Io resto interdetta, sono dubbiosa: dico e mi contraddico come ha scritto nel  suo post quel mio contatto (non amico!) e mi piace pensare a quel film di un po' di anni fa, bellissimo, tragico, struggente film: "Le vite degli altri". 

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi