La città che si intuisce nel realismo visionario di Edward Hopper,con le pompe di benzina deserte, gli interni di onirici bar, le forme geometriche dei palazzi, rappresenta perfettamente, ancora oggi, il concetto di agglomerato urbano moderna. La città che tiene nel ventre, un’umanità anonima di donne svelate nella loro nudità, in camere affacciate sulla notte; di donne sedute in un treno che non si muove; di coppie assenti l’uno all’altra.
I dipinti di Hopper sono notturni e silenziosi, raramente
si accendono di luce; e se c’è, è sempre una luce sfumata di grigio, raccoglie
la polvere e lo smog della grande città. In lui vi è la consapevolezza di
essere l’occhio che scruta con apparente freddezza la realtà, per coglierne un
attimo, per darle un senso di esistenza e di continuità temporale. Le sue
figure, come gli oggetti ritratti, sono fissi eppure irradiano una straordinaria
tensione dinamica. Della donna che guarda oltre l’angusto panorama della sua finestra,
immobile sul letto, possiamo percepirne i pensieri o immaginarli; e la coppia di
avventori nel bar continua a raccontare la sua storia, per sempre.
L’impressione che si trae nel porsi di fronte a una tela
di Hopper è esattamente quella della partecipazione emotiva. Potrebbe sembrare
eccessivo asserirlo, ma i suoi quadri fanno “ascoltare” dialoghi e captare pensieri di silenziose e
immobili figure; fanno sentire lo sferragliare sulle rotaie dei tram e il fischio
di treni in partenza. Creano dalla visione, altre visioni: in altre parole
costruiscono il ponte da attraversare perché chi ha la fortuna di friuirne,
possa raggiungerla e contenerla. L’Arte.
L’ultima mostra di Hopper si è conclusa da poco a Roma. Bene, cioè male per noi periferici
cittadini della penisola, costretti a sobbarcarci delle spese di un viaggio se
soffriamo dell’ esigenza di vedere, conoscere, comprendere. Che dovrebbe essere
esigenza per tutti, per le scuole, per i giovani e per i vecchi. E come nei
dipinti di Hopper noi viviamo nel grigiore di una città senza luce, come una donna da lui
ritratta, spogliata e ripiegata su se stessa. Edward Hopper Automat 1927