venerdì 19 luglio 2019

Erano soli.

Che Nazione è questa? Da ventisette anni mi pongo questa domanda e la risposta la conosco, dolorosamente. Ogni anno si celebrano due uomini, si ricordano gli uomini e le donne che morirono insieme a loro, e sono diventati per tutti, nella tragedia consumata in quei due maledetti mesi, gli Eroi. Due uomini che volevano il cambiamento, ma quello delle viscere della nostra terra, quello che avrebbe dovuto rivoltarla, zolla per zolla, con l’aratro della legalità, della giustizia, della Verità.
Gli è stato impedito con un semplice tocco, un clic che li ha polverizzati;e con i corpi scempiati, hanno polverizzato ogni speranza. Lo avvertimmo subito, noi uomini e donne onesti, che era tutto finito. Lo avvertirono anche i miei figli, seppur quasi bambini. Le mani lorde di sangue agguantarono anche noi. Il sangue degli eroi ci schizzò addosso, divenne la nostra macchia indelebile.
Per ventisette anni abbiamo atteso che da quella nube tossica di sangue e di polvere venisse fuori qualcosa e qualcuno che ci mostrassero quella mano. No, non quella che premette il telecomando, quella ci è stata consegnata. Vorremmo, noi uomini e donne onesti, quell’altra mano. Quella che si sfilò, inerte e molle, dalle spalle di quegli uomini e donne, che non volle accompagnarli, che li lasciò soli. Che fece un cenno di resa e di silenzio.
Ventisette anni di governi, tanti e non ne escludo nessuno, che hanno parlato di volere la Verità, la hanno invocata. Sempre celebrando, sempre ricordando con solerte puntiglio quegli uomini e quelle donne. Eroi, sì li chiamano eroi.
Ma il loro sangue è ancora qui sulle strade, la nostra memoria di donne e uomini onesti urla di dolore e di vergogna perché sapere è un diritto, sapere è il dovere che ci portiamo addosso nei confronti delle future generazioni.
Quando racconterò ai miei nipoti di quegli anni – se ci sarò – avrò due sole certezze da dire.
“Erano due uomini giusti ed erano soli”

lunedì 8 luglio 2019

C'è spazio, sì:

Arrivano senza annunci, senza preavvisi, le visite al cuore. E vi si insediano.



C’è spazio, sì se allentiamo
Le grinze
Ci vorrebbe un ferro a vapore
Per stirarle
Ma c’è spazio, lo sento
Nel flusso
Dei polsi che battono
Saltando
Un verso sbagliato
C’è spazio nella geometrica
Poesia
Del mio cuore corto
Di fiato
Lo liscio e lo allungo
In verticale
Lo scuoto e lo allargo
In orizzontale
C’è spazio, sì
Adesso
Puoi entrare a piccoli
Passi
Senza fretta, non correre
Sei piccola cosa
Minuta
Delicata e profumi
Di nuovo
C’è spazio, sì è accogliente
Fai con calma
Che io ti aspetto.



Salvador Dalì "Ragazza alla finestra"   1925





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