venerdì 6 marzo 2020

Esperimento collettivo.

Il nuovo esperimento collettivo è la paura.
Rassicuranti volti dai sorrisi tirati con l'appretto ci dicono che non è così pericoloso. Però, al contempo, sganciano piccole micidiali bombe, creano cordoni, snocciolano cifre, esortano a comportamenti e a stili di vita claustrali. E le nostre menti sbattono di qua e di là come farfalle impazzite. Quasi impazienti di farla finita, che finisca in qualunque maniera e come finirà vorremmo conoscerlo. Ci spetta, è un nostro diritto.
E invece si sgrana un enorme rosario di numeri, ieri, oggi e domani. A chi tocca, tocca.
A chi tocca, tocca. E a loro, laggiù in quelle terre d'inferno è da anni e anni che la storia li ha scelti perché muoiano di fame e di guerra e se non muoiono di fame e di guerra, moriranno di mare e di freddo e di sfinimento dietro le nostre porte, sulle nostre spiagge di europei che devono fare i conti,  i nostri conti di numeri, di borse vacillanti e anche di persone - gli anziani più malandati, come crudelmente enunciano - che muoiono e di altre che si ammalano e aspettano e pregano che le strutture sanitarie non cedano.
In questo luogo surreale, metafisico, di notizie contraddittorie, di detto e di taciuto, di incoerenze, annaspiamo alla ricerca di qualcosa, il vaccino che è un'ipotesi suggestiva, o di qualcuno, i virologi, gli scienziati e dietro di loro, i governi che dovrebbero indirizzarci. E dietro ancora quell'ombra che, implacabile, da alcuni anni abbiamo imparato a temere pur non sapendone nulla o poco, l'economia, la macroeconomia, gli affari, i salti tripli, le manovre sommerse, gli accordi, i capitali. Ombre per noi, poveri viandanti di questo pianeta, per noi che tremiamo aspettando e sperando che non ci tocchi.
Due frasi, negli ultimi giorni, mi hanno colpita.
La prima l'ho ascoltata durante una trasmissione dal prof. Franco Cardini (parlava delle "pestilenze" nel corso dei secoli) e diceva che oggi abbiamo qualcosa in meno rispetto ai secoli passati: non c'è Dio.
La seconda mi è stata suggerita in una conversazione ricca di umori e sensibilità alterne, da una carissima amica: "Come una nemesi".
Νέμεσις, nel mondo greco era una divinità di Giustizia che portava l'equilibrio sociale e politico. Il termine poi assunse altri significati, quali 'castigo'  'vendetta'. E forse non essendo riuscita ad ottenere dagli uomini quell'equilibrio, si è tramutata davvero in una sorta di espiazione, questo nostro vivere folle e disumano.
Che Dio manchi? Non lo so. Ma se c'è, noi uomini non lo scorgiamo perché siamo divenuti ciechi e sordi, fogli fruscianti ci ricoprono. Abbiamo eretto e continuiamo a erigere recinzioni e cortine fumogene per non vedere gli altri, per tenere lontana da noi la disperazione. Abbiamo creato gli invisibili per non vederli e siamo divenuti noi stessi invisibili al Cielo.
E ora, ora brancoliamo, barcolliamo ubriachi di dubbi e di paure, inseguiti dalle più recenti notizie.



Vincent van Gogh  "Campo di grano con volo di corvi" 1890



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