mercoledì 23 gennaio 2019

Non lo sono mai stata.

Queste pagine non mi servono a molto, se non a perseverare in un'abitudine, sempre più lenta. I guizzi, i capricci, le capriole del vivere però non cessano e mi lascio afferrare, ogni tanto. Con gli occhi strafatti e il cuore a pezzettini.
Un amico dolce come miele di zagara mi suggerisce di preservarmeli questi occhi malmessi, questi sguardi interrotti e malinconici che sfiorano libri e parole; vorrebbero catturare ancora tutto, avvinghiarsi alle singole sillabe, ai brevi segni, alle visioni storte, ai colori sfocati e immaginati. Dovrei dargli ascolto, se fossi saggia, se fossi quieta.
Ma non sono né saggia e sono inquieta. Tutto mi trascina, tutto mi ferisce in questi tempi luridi e ridicoli. Non resto saggia e quieta alle frasi sconce dell'uomo politico, bestialmente convinto di essere nella Storia poiché trascina a fondo e annega innocenti e popolo senziente, tutti insieme in un sol colpo, in un solo gesto di disumana insensatezza. Non sono quieta no, se con questi miei occhi persi scorgo sagome evocate dai più temibili incubi, di mani protese, scarne d'ogni atteso assenso, d'ogni pietà private. Non sono saggia se leggo con questi occhi macchiati che il colpevole di tanto dolore è il braccio che soccorre. No. Me ne sto inquieta e folle a digrignare i denti, a maledire. E ad aspettare che altri siano inquieti e folli come me.
Il mio amico dolce come miele di zagara mi dice di conservare i miei occhi ed è bello quello che mi dice, mi conforta. Ma io sono inquieta e non sono saggia, non lo sono mai stata. 


Marc Chagall, Entre chien et loup (Al crepuscolo), 1938-43 

martedì 8 gennaio 2019

E allora perché noi no?

Prendo spunto da una brevissima discussione, troppo breve e senza possibilità di argomentare in maniera costruttiva le proprie opinioni-
Il tema è quello doloroso delle due navi tedesche in pellegrinaggio nel Mediterraneo alla ricerca di un porto. Dovrei aggiungere che si tratta delle navi di una ong ma mi rifiuto di farlo perché "non dovrebbe" essere questo il problema e in parte pare, invece, che lo sia. Almeno per alcuni, almeno per chi ha il potere di decidere.
Uno dei commenti lamentava con tristezza la tendenza, sempre più dilagante, quella che ci sta portando ad abituarci all'indifferenza e ne attribuiva le colpe all'Europa tutta. Verissimo, l'Europa, nella sua totalità politica e sociale ha assunto il ruolo di matrigna distratta e malfidata nei confronti del carico di disperazione che lambisce le nostre e sue coste. Una matrigna confusa e superficiale, crudelmente indifferente alla sofferenza; se non altro nella stessa misura in cui è occhiuta osservatrice degli errori e delle mosse altrui. Un gioco a scacchi senza re e regine, un osservare le miserabili strategie degli stati componenti questa fantomatica unione, un aspettare qualcuno o qualcosa beckettianamente. Solo che Vladimiro e ed Estragone sono i disgraziati in mare e gli stati membri l'ineffabile e invisibile Godot.
Nessuno si muova per primo, pare essere l'imperativo, nessuno abbia pietà.  E così la nave va, il fardello di uomini donne e bambini è sempre più allo stremo, i governi battibeccano e noi ci abituiamo all'indifferenza. Perché il gioco è semplice, alla fine. Quando la responsabilità è di tutti, è anche di nessuno. La colpa e la vergogna si spalmano sul vecchio continente in un velo sempre più sottile fino ad amalgamarsi, a confondersi, non lo vederemo più quel velo, scomparirà calpestato.
Ma poi, perché? Sarà questa la domanda che ci rivolgeremo, che già ci rivolgiamo. E la risposta la conosciamo, comoda, accogliente per le nostre affaticate coscienze occidentali: così fan tutti.
E allora, perché noi no?


Michelangelo Merisi "Ecce Homo" 1605

giovedì 3 gennaio 2019

La prima parola.

La prima parola del 2019 è: pazienza.
Potrei aggiungere anche sopportazione e sacrificio. E ancora abnegazione. Termini inusuali e poco praticati nella vita.
Ci riempiamo la bocca tutti di parole, ne abbiamo un profluvio eccessivo, una schiuma ribollente e oceanica, che si frange, si scompone in mille rivoli una volta emersa.
Ho scelto pazienza perché la pazienza è umile ed operosa.
Taciturna, aspetta.


Osservavo l'abile volo dell'ape
nel mese giallo
di sole e di spighe
l'ape che annusa il vento
paziente.
Osservavo la formica in fila
nel mese rosso
di uva e melagrane
la formica che porta il chicco
paziente.
Osservo il mio viso sbiadito
nel mese grigio
delle assenze
il mio viso senza trucchi
paziente.
Ho imparato dall'ape
e dalla formica
aspetto giro trascino
parole impronunciabili
paziente.


Scuola Nord Europa "Donna che cuce" 1890 ca.

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