venerdì 26 agosto 2016

Nell'alba.

Non dormo, non riesco: Dalla strada, arrivano i rumori delle macchine della spazzatura, un rumore rotondo che trita anche le residue ombre della notte e i miei pensieri.
Sono i giorni del dolore e della paura, rimarranno.  Ogni fatto, ogni accadimento si porteranno il fardello di sofferenze come sempre avviene nelle tragedie senza scampo, quelle tragedie che paiono non avere un Dio che ne stravolga il finale. Ci saranno la forza e il coraggio della ricostruzione, ci sarà la speranza sopra le macerie, ci saranno i giovani a ricoprirle con i loro sogni, con i loro passi verso il futuro. Non noi, non noi. Non io che non credo in niente e vorrei credere in tutto.
Seduta senza capire il perché, seduta tra amici e parenti, ieri sera, non ero lì. Chilometri di strada rotolavano via,  lenti come le parole impigliate dentro, e ascoltavo e ridevo anche, è giusto che sia così, mi dicevo, è giusto.
Non è giusto un bel niente invece, non è giusto un cazzo di niente invece.
Non è giusto il dolore straziante; non è giustizia la lontananza; non è giustizia l'assenza; non sono giusti i cumuli di pietre che rovinano sui corpi; non è giusta la notte che stermina vite e paesi; non è giusta la morte dei bambini in guerra e schiacciati dalla natura maligna.  Non è giusto, per me, sentirmi spaesata, disaggregata, sperduta. Senza slanci, senza più empatie né desiderio di dividere il mio tratto di strada camminando a fianco di altri che sono assorti sul loro ombelico. Perché essere assorbiti dalle quotidiane cose, dagli impicci e dalle fatiche, e dall'inestinguibile falò delle vanità è talmente facile, talmente umano da comprendere. Sono anche io assorta e mi osservo l'ombelico, il centro del mondo è. Ma orni tanto scappo, via via. L'orizzonte è limitato, ma c'è, ecco un tenue bagliore a oriente. L'alba, la luce.
L'unica luce, ecco a oriente schiarisce il cielo, sono loro i ragazzi. I miei giovani, i miei figli dagli sguardi disorientati spesso, anarchici, fuggitivi da noi, senza convenzioni e senza pretese. E quasi sempre soli, taciturni e taciuti.
Il buio si è dissolto, ci sono gli uccelli nel parco che fischiano, io ho negli occhi tante immagini del passato più vecchio e di quello,  crudele, recente; ho le immagini dei ragazzi e non ho altro.
Per tutto il resto una fredda tristezza e, per me, una delusa collera. Ma, in fondo, ho sempre saputo di essere un'aliena. Distorta e testarda ancora in quest'alba.
Oggi sarà giorno di lutto per il mio Paese, io non dimentico e dietro i vetri tutto riprende come prima, come dev'essere.

Michelangelo Buonarroti - Cappella Sistina "Creazione di Adamo"   1508-1512





venerdì 19 agosto 2016

Un'eco lontana.

Il ferragosto si è concluso, le ferie stanno per andare in pensione anche per quest'anno, l'autunno è fuori dalla porta e non promette granché: Le aspettative di tutti, chi più chi meno, sono appuntate come spilli incerti, in Italia sul referendum costituzionale - sì o no - e la campagna referendaria assumerà toni sempre più accesi, impadronendosi degli epiteti e degli stilemi più da angiporto che da res publica; negli USA, e quindi nel mondo, si seguiranno con ansia gli esiti delle presidenziali, a novembre: il miliardario con la mitraglietta o l'ex first lady, politicamente corretta, che più non si potrebbe. Uno scenario da incubo per chi, come me, non ne può più di parole, di secchiate di insulti, menzogne tattiche, allusioni, sgambetti verbali, squittii e rutti vari emessi negli interminabili talk show televisivi, sui social, sulla stampa. Tutto condito, e mi auguro davvero che ciò non avvenga, dalle nostre paure quotidiane per eventuali attacchi terroristici. Nel frattempo, i migranti continueranno nella loro infinita odissea, continueranno ad assieparsi lungo le frontiere, nelle città, nei centri di accoglienza estenuati e saranno i più fortunati, perché il Mediterraneo non se li è presi. E l'Europa cincischierà con le carte del trattato di Schengen, si girerà i pollici fino a intrecciarseli e cercherà disperatamente di distrarre lo sguardo dal futuro di facce stravolte dalla fame e dal dolore, parlerà di finanza, di banche, insomma di tutti quegli argomenti che sono il pane quotidiano nostro e anche dei disperati. Ci rincoglioniranno ancora e ancora con dati, incomprensibili ai più, creeranno il terrore nelle nostre tasche: Che è ciò che più ci terrorizza, infatti.
E in Siria? E nelle zone martoriate dalla guerra? Da lì continueranno ad arrivarci, sotto la spinta delle organizzazioni umanitarie e di qualche volenteroso e coscienzioso reporter, le immagini e le grida di un'ecatombe, di un eccidio prolungato e programmato, sarà l'eco lontana e triste che ci ronzerà intorno. Senza scalfire abitudini, senza scomporre l'iter deciso, solo un'eco molesta. Fino alla prossima foto che farà piangere, oh! se ci farà piangere! di un bambino morto su una spiaggia; degli occhi perduti di un altro, ferito e salvato dalle macerie di Aleppo; di due piccoli annegati . proprio in queste ultime ore . al largo della Libia. Fino alla prossima planetaria commozione. Ma non durerà a lungo, ci saranno altri argomenti sui quali ficcare gli sguardi e l'attenzione, qualche indignazione autunnale non ce la negheranno e se non sarà più il burkini,  qualcosa tireranno fuori dal magico cilindro, sono abili prestigiatori perbacco! Tutto passa, tutto corre veloce:  la nostra ingordigia d'immagini, di fatti e fattacci, di scandali o pseudo tali, sarà soddisfatta zelantemente. Possiamo dormire sonni tranquilli, possiamo rimettere a tacere le nostre pigre coscienze. Aleppo è solo un'eco lontana.

venerdì 12 agosto 2016

All'altro di voi.

Scelgo un pomeriggio senza velleità di fare, senza scopo, senza nulla. Un pomeriggio appena appena ventilato, il mare riesce a farsi strada fin qui con la sua brezza che agita le tende. Un pomeriggio come tanti, in quest'estate strana. Ma io dovrei essere abituata alle stranezze del destino. dovrei accoglierle con un'alzata di spalle o con un sospiro. E mi dibatto nelle cinghie dei ricordi e sono strette, non riesco a fuggire. Così i pensieri partoriscono parole e le parole mi conducono altrove. A quello che poteva essere e non è stato, a quello che si è rotto, come un giocattolo nelle mani di un bambino capriccioso.

L'altro di voi.


Andate ragazzi, andate figli.
Ma non staccate le vostre mani
tenetele avvinte, intrecciatele
come un cesto di giunchi e viticci
Le nuvole coprono gli occhi
oscurano il cielo ma dentro
nascosto c'è il sole, cercatelo.
Andate ragazzi, andate figli.
Scoprite lo scrigno serbato per voi
attingete alla fonte più limpida
senza che vi trascini nel gorgo
e offritela all'altro di voi che ha più sete
Scovate il rifugio al riparo dal gelo
dal caldo dall'odio dalla freccia crudele
e offrite un letto di foglie ammassate
all'altro di voi che non ha un letto.
Andate ragazzi andate figli.
Cuocete un pane tondo che sia ben dorato
tagliatelo a fette che profumi d'amore
e datene all'altro di voi che pane non ha
Andate ragazzi, andate figli.
Con le mani intrecciate, con gli occhi larghi
con le spalle dritte come l'orizzonte
che io seguirò, in silenzio, da lontano.


Claude Monet  (Impression, soleil levant) (1872

domenica 7 agosto 2016

Un ricordo. Ancora uno.

Un ricordo, ancora uno. Di giorni trascorsi al mare, piccoli piedi che scavalcavano picchi di rocce nere, un secchiello appeso al braccio paffuto , i tuffi del mio cuore mentre le onde accoglievano il tuffo del suo corpo.

Nuota, nuota, nuota. 

Tieni sempre quei ricci sconvolti sulle magliette vivaci
E la bocca pronta alla sferza e al pianto s’allarga ridendo
Calpesti strade nuove coi tuoi magri piedi scalzi di zingara
Cresciuta tra cuscini e gatti in stanze polverose di libri
Cerchi le piazze più grandi ove allungarti al raggio immobile
Ti immergi ninfa straniera nel mare vecchio della città vecchia
La pelle di sabbia infuocata leviga le pagine  lette
Le altre restano mute, aspettano il vento e le tue mani.
Una stella di mare purpurea, un granchio nel secchio,
i cento sassi raccolti e le orbite vuote delle conchiglie
il mare bambino compagno di giochi, nudo per te.
Vestiti di alghe profumate allora, metti perle d’ostrica ai capelli ,
fatti sirena, coda d’argento  intona canto d’infanzia
Nuota allora, nuota, nuota, nuota
e non voltarti mai, non ti girare indietro, non guardarti alle spalle.

Carlo Carrà "Le nuotatrici" - 1911 ca.



lunedì 1 agosto 2016

Il cambiamento.

Non si finisce mai di imparare, si arriva al limite della maturità, a quella linea sgraziata che separa la piena maturità dalla vecchiaia, e sempre ci è concesso di apprendere cose nuove. Degli altri e anche di noi stessi. Spesso sono conferme di sensazioni e sentimenti; altre volte sono squarci di luce e d'ombra.E si rimane trafitti e doloranti;  oppure, anche, quietamente indifferenti, paghi dell'esperienza accumulata. Una giovane donna mi ha detto di recente che le persone non cambiano e io le ho risposto che è così. Ma, riflettendo sui trascorsi della mia esistenza, ripensando agli incontri con tantissimi uomini e donne durante tutto l'arco di una vita, no, capisco che non è vero. Le persone cambiano, possono farlo, accade. E non è detto che sia un male, di sovente il mutamento avviene senza traumi, lentamente, con delicata traccia. Mi è capitato anche di assistere a bruschi cambiamenti, positivi cambiamenti, però erano tutti casi in cui il dolore dell'anima aveva sfigurato ogni aspettativa, ogni certezza. O ogni dubbioso vivere.
Io, per mia inclinazione di cuore e di cervello, prediligo le persone capaci di cambiare.

A un Dorian Gray

Non ti specchiare nei vetri lungo la via 
Non cercare la tua immagine in vecchie foto
Non hai venduto l’anima al diavolo o forse sì?
Il tuo ritratto lo dipinge un pittore nuovo
E scava rughe attorno agli occhi e alla bocca
E incanutisce i capelli, sono così sottili
sono fragili ali di farfalle che ti volano sul capo.
Non aver paura, sei sempre tu  con il mento opaco
Al pittore trema la mano e i contorni non sono netti
Non allontanarti, guardati allora,  è il tuo ritratto
Di oggi e sei cambiato, la vernice scolora sul volto.
Sei cambiato in meglio, prima eri bello e stolto
Quelle pieghe, quelle grinze sono le tue strade
Quel bianco è il ghiaccio che hai sciolto
Quel mento molle è il timore  di perdere qualcuno.
Accogliti, dai il benvenuto a quest’estraneo
Che tanto somiglia all’altro, giovane e stolto.
Cambia il tuo volto, cambia il tuo passo,

cambia il tuo cuore, è tempo. Mio amato amico.



René Magritte "La reproduction interdite" - 1937 


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