lunedì 18 agosto 2014

Io e il caldo.

Il caldo fa male, ne sono convinta, e però chiedo scusa a chi lo ama, a chi aspetta l'estate come la manna per gli ebrei caduta dal cielo. Il caldo è sinonimo di ferie, di riposo, di divertimento, almeno nell'immaginario collettivo dovrebbe essere così. Per me, da sempre, anche da bambina pensate un po', era solo caldo, senso di spossatezza, sudatacce, zanzare e altri insetti, e soprattutto il "dovere" dello svagarsi a tutti i costi. Ma chi lo ha detto? Già allora me lo domandavo e non trovavo risposta esaustiva ai miei dubbi. Certo, il mare, la campagna. E sì, quelli mi piacevano, ma era un godimento talmente effimero che me ne rimaneva addosso una scia di sale e di odore di mosto, all'epoca della vendemmia. Ero una bambina di città e di una città del sud per giunta e la pietra lavica, da noi, si arroventa che ci puoi cuocere la pasta.
Il caldo fa male, per me, e fa male alle relazioni umane. D'estate, con l'afa che ti torce i nervi come fossero panni strizzati, è difficile mostrarsi disponibili ai bisogni degli altri: si diventa insofferenti, le paturnie di chi ci sta accanto sono sempre peggiori di quelle nostre;  ci sentiamo vittime di complotti e di calunnie, quasi che il nostro malessere l'avesse programmato un vicino odioso o i nostri stessi conviventi. Smaniamo alla spasmodica ricerca di aria fresca e ci rinserriamo con i climatizzatori ronzanti come sciami di vespe inferocite. E così spesso finiamo con il litigare rabbiosamente con tutti, tutti vittime, noi e chi ha la iella di starci tra i piedi, del caldo, umido, sfinente abbraccio della nostra estate cittadina.
E con questa mia stanca e accaldata riflessione, auguro a tutti buon proseguimento di vacanze. Senza caldo, però.

Beppino Tosolini - Calda estate

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