domenica 10 dicembre 2017

Mi confortano quelle pagine.

Mi è stato di grande conforto apprendere, oggi, che Amos Oz,  David Grossman, Abraham Yehoshua e molti altri esponenti della vasta galassia della cultura ebraica, hanno sottoscritto un appello per il riconoscimento universale della Palestina come Stato sovrano. Mi è è stato di conforto ma ne ero certissima, si può dire che li aspettavo al varco con ansiosa gioia. Perché li leggo, li conosco, li amo. Le loro voci dovrebbero essere ascoltate molto più che quelle dei politici di professione, molto più dei presidenti trafficanti e dei premier infingardi.
La rivendicazione della Palestina, sacrosanta, annega nella notte dei tempi ed è sempre stata causa di conflitti sanguinosi, di distruzione, di morte.  E sempre lo sarà se non si inverte la rotta, ultimamente impressa con folle accelerazione da un presidente ottuso, vanesio, incolto, rozzo che, ahinoi, ha il potere di giocare con i destini del mondo.
La Gerusalemme d'oro che mi incantò nelle pagine di Yehoshua;  la Gerusalemme dai cieli tersi e brillanti di stelle nelle fredde notti invernali che mi trascinò per vicoli sassosi e dentro locali fumosi e speziati nelle pagine di Oz, è città aperta, è città di tutti.
E non è forse bellissimo, misteriosamente bello che ci sia, in questo tempo stretto nelle corde della pazzia, avere un luogo comune a tutti noi? Un luogo che possa rappresentarci, seppure nelle diversità?
Mi ferisce sapere  - e non mi appare casuale - che a Betlemme ci siano stati gli scontri più cruenti. Sarà un lascito della mia immaginazione, sarà questo tempo dedicato alla preparazione della Natività per i cristiani; sarà perché al di là della fede e dello spirito religioso, quella lieta novella di un Bambino che rinasce mi emoziona, mi commuove.  Tra tanta morte, la vita è il segno del cambiamento, della speranza, del progetto.
La Gerusalemme Celeste, invocata nelle liturgie, è forse già qui, tra di noi. E non riusciamo a scorgerla. O non vogliamo.

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