domenica 15 giugno 2014

Perché, perché il pallone piace tanto anche a me ...

Per circa un mese, se va bene, siamo tutti italiani e orgogliosi di esserlo. Ogni quattro anni, puntualmente, il miracolo avviene, un po' come quello della liquefazione del sangue di S. Gennaro a Napoli e perdonatemi l'accostamento tra il sacro e il più che profano, proficuo mondo del calcio.
Le città della penisola e delle isole, in questa notte magica, pullulavano di auto dai clacson impazziti, le bandiere tricolori sventolavano fiere, agitati vessilli dell'Amor Patrio; i volti dei nostri giovani (ma anche di molti signori attempati) esprimevano una gioia squisita, una soddisfazione gloriosa che prendeva alimento dalla Sacra Palla Rotolante, correttamente e impavidamente portata alla meta dai loro eroi, i paladini di questa strana società in cui viviamo, i calciatori, i piedi d'oro, ricchissime icone dinnanzi alle quali genuflettersi e sognare.
Questo accade in Italia nelle notti magiche del Campionato Mondiale, questo accade per un paio di settimane e poi si dimentica; riponendo bandiere e fischietti nei ripostigli si ritorna all'usato costume della maldicenza, della recriminazione, della non identificazione. Si torna a essere "individuo" ciascuno con il proprio pezzetto di terra da coltivare e il proprio pezzetto di cielo da scrutare.
Forse è così dappertutto, forse anche nei gelidi e civilissimi Paesi del Nord ci si sente così, io personalmente non lo credo, ma potrebbe essere. Certo è che mi fa specie, mi lascia perplessa che il sentirsi parte di una comunità dipenda dal rotolare sull'erba di un pallone. Curiosa razza, quella umana.


Carlo Carrà    Partita di calcio.

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