sabato 13 aprile 2013

Come un sigillo di ceralacca.

Non mi piace molto parlare d'amore, sarà a causa degli ormoni spenti; sarà perché ne parlano tutti; sarà anche perché dovrei parlare di tanti tipi di amore, non ce n'è mai uno solo. Però c'è un'arietta invitante che penetra da fuori, accompagnata da qualche strido di rondine, prima che cali la notte e il mio chiù si faccia sentire dal giardino di ombre scure; c'è una mitezza che mi fas sudare appena, premonitrice di torridi tramonti e le farfalle non giocano a rincorrersi nella mia pancia, né il sangue solletica le vene dei polsi, ma ne avverto il brusio remoto e allora torno al passato. Vivo l'amore come posso, negli occhi di un compagno, in quelli dei miei figli innamorati, in quelli dei bambini, pionieri dell'amore. Inchiodo un momento della mia vita, un ragazzo bruno troppo presto scomparso, lo inchiodo con gli altri, allineandoli e non sono tanti e molti sono stati insignificanti, ma diventano mito e li venero come falsi dei.
L'amore mi chiama anche nelle storie non mie e ha nomi diversi, di donne e di uomini, con i loro volti scoloriti che non vedo più, i tratti sempre meno noti, solo gli occhi restano vivi a trafiggermi, a dire che non mi lasceranno scappare via. Sono dentro di me, quegli occhi e mi scrutano e mi seguono, disegnano un sigillo come di ceralacca ai miei, perché siano ciechi ad altri.

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