Sto leggendo, sono alla fine,
un bel romanzo di Roberto Cotroneo che parla della manipolazione che un libro,
anzi un personaggio letterario e quindi fantastico, può operare nell’ esistenza
di chi legge e anche nella vita dello stesso scrittore. Che le parole spesso
abbiano il potere di manipolare persone e fatti è acclarato. Chi di noi non ha
mai provato turbamento, smarrimento di sé nell’ascoltare o leggere determinate
frasi? Penso sia capitato a molti, a me di sicuro, di percepire una scarica
elettrica, un crac improvviso che fa vacillare certezze acquisite e innesca
dubbi e angosce. Ma questa potrebbe essere una manipolazione involontaria,
dovuta all’abilità stilistica, lessicale dello scrittore che, magari, tutto si
aspetterebbe, fuorché di creare ansia e timore. O se lo fa, con dolo diciamo
così, è per ottenere una rivoluzione del pensiero di chi lo legge.
Poi c’è la manipolazione che
incontriamo lungo il cammino quotidiano, quella sovente impercettibile e insidiosa
che penetra senza segnali apparenti, spesso travestita di buone intenzioni,
spesso sorridente e affettuosa quasi, che si inchioda nel cervello e nel cuore
dell’altro come uno stiletto acuminato. E non ci si accorge nemmeno del chiodo
infisso, l’abilità della manipolazione sta nella sua elusività, in una vacuità
di parole e di gesti o, al contrario, in un’apparente generosità. Questa è
solitamente, la manipolazione alla quale ricorrono certi leader politici, i
dittatori, in genere chi gode del potere economico e politico.
A fianco di questa che
ovviamente coinvolge molte persone, c’è quella che si può avere la sfortuna di
incontrare di faccia, ci si va a sbattere contro ed è un muro elastico che, dapprima, non dà traumi, non pare lasciare lividi. E invece senza capire, senza
sentire il dolore – il dolore è positivo perché permette di vedere la ferita –
ci lasciamo manipolare, cambiamo pelle come fossimo serpenti al tempo della
muta, cambiamo opinione o vacilliamo, assumiamo un altro aspetto, quello voluto
da chi ci manipola, da chi ci vuole “diverso”, altro da quello che siamo. Non
ci sono ricette né cure, chi manipola sa bene dove guardare e a chi rivolgere
le proprie attenzioni, la fragilità dell’animo umano, l’insicurezza, la paura di
sé e della vita, sono il pane quotidiano di cui si nutre. L’unica arma per
contrastare sta in questo, nell’attenzione verso se stessi, nel prendersi cura
di sé con amore e rispetto, nella conoscenza e nella coscienza di sé. Allora,
forse, la manipolazione dell’altro può trovare l’accesso sbarrato, può restare
affamata. Vorrei che queste mie parole arrivassero a chi si sente di vivere una situazione simile, vorrei che si rendesse conto che la manipolazione è una forma di violenza, subdola e vile. E che non c'è amore né rispetto in essa. Ma solo la proterva volontà di annullamento.
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