giovedì 10 ottobre 2013

Il pane del manipolatore.


Sto leggendo, sono alla fine, un bel romanzo di Roberto Cotroneo che parla della manipolazione che un libro, anzi un personaggio letterario e quindi fantastico, può operare nell’ esistenza di chi legge e anche nella vita dello stesso scrittore. Che le parole spesso abbiano il potere di manipolare persone e fatti è acclarato. Chi di noi non ha mai provato turbamento, smarrimento di sé nell’ascoltare o leggere determinate frasi? Penso sia capitato a molti, a me di sicuro, di percepire una scarica elettrica, un crac improvviso che fa vacillare certezze acquisite e innesca dubbi e angosce. Ma questa potrebbe essere una manipolazione involontaria, dovuta all’abilità stilistica, lessicale dello scrittore che, magari, tutto si aspetterebbe, fuorché di creare ansia e timore. O se lo fa, con dolo diciamo così, è per ottenere una rivoluzione del pensiero di chi lo legge.
Poi c’è la manipolazione che incontriamo lungo il cammino quotidiano, quella sovente impercettibile e insidiosa che penetra senza segnali apparenti, spesso travestita di buone intenzioni, spesso sorridente e affettuosa quasi, che si inchioda nel cervello e nel cuore dell’altro come uno stiletto acuminato. E non ci si accorge nemmeno del chiodo infisso, l’abilità della manipolazione sta nella sua elusività, in una vacuità di parole e di gesti o, al contrario, in un’apparente generosità. Questa è solitamente, la manipolazione alla quale ricorrono certi leader politici, i dittatori, in genere chi gode del potere economico e politico.

A fianco di questa che ovviamente coinvolge molte persone, c’è quella che si può avere la sfortuna di incontrare di faccia, ci si va a sbattere contro ed è un muro elastico che, dapprima, non dà traumi, non pare lasciare lividi. E invece senza capire, senza sentire il dolore – il dolore è positivo perché permette di vedere la ferita – ci lasciamo manipolare, cambiamo pelle come fossimo serpenti al tempo della muta, cambiamo opinione o vacilliamo, assumiamo un altro aspetto, quello voluto da chi ci manipola, da chi ci vuole “diverso”, altro da quello che siamo. Non ci sono ricette né cure, chi manipola sa bene dove guardare e a chi rivolgere le proprie attenzioni, la fragilità dell’animo umano, l’insicurezza, la paura di sé e della vita, sono il pane quotidiano di cui si nutre. L’unica arma per contrastare sta in questo, nell’attenzione verso se stessi, nel prendersi cura di sé con amore e rispetto, nella conoscenza e nella coscienza di sé. Allora, forse, la manipolazione dell’altro può trovare l’accesso sbarrato, può restare affamata. Vorrei che queste mie parole arrivassero a chi si sente di vivere una situazione simile, vorrei che si rendesse conto che la manipolazione è una forma di violenza, subdola e vile. E che non c'è amore né rispetto in essa. Ma solo la proterva volontà di annullamento.

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