domenica 20 ottobre 2013

Anonymous, chi sei?

Ieri a Roma si è svolta una protesta pacifica. Un lungo corteo di varia umanità, giovani, vecchi, anche bambini, extracomunitari, tutti uniti da un comune sentire, la volontà di farsi ascoltare, di dare voce e visibilità allo scontento, alle ingiustizie sociali, ai diritti negati o rimossi con abilità magistrale dalla politica e da chi governa questo Paese. Un insieme grande di gente, con i colori accesi e gli slogan condivisi, una marcia sotto l'egida del dissenso tenace, ma non violento. Una marcia che è avvenuta in una città blindata, quasi deserta, che paventava esiti disastrosi e, forse, lo scorrere del sangue. Tutti a volto scoperto, alcuni giovani, previdenti, con il casco del motorino in testa, memori dei manganelli facili; tutti tranquilli o quasi. Se non si fossero materializzati tra loro, alcuni, non molti per fortuna, ragazzi con il volto coperto, listati a lutto, una ventina nei pressi del Ministero dell'Economia, con le maschere di Anonymous calate sul viso. E hanno urlato le parole della carica, hanno incitato alla violenza, hanno lanciato bombe carta, hanno appiccato il fuoco a cassonetti e infranto vetri. Ho assistito ad alcuni video amatoriali, o a qualcuno girato dai reporter e ne ho tratto, come in altri frangenti simili, la medesima impressione. Questi giovani travestiti da vendicatori, questi novelli e poco credibili Zorro di oggi, non incitano altri se non se stessi. Sono perfettamente consapevoli di non far parte della folla, di non avere niente a che spartire con le istanze degli altri: essi agiscono come "solisti" e non hanno bisogno del coro. Sono autonomi dal resto, gestiscono la violenza con lucida preparazione, obbedendo a un copione imparato a memoria. Io non so come facciano a eludere i controlli (che pare siano stati, almeno si sostiene, efficienti e capillari), non entro nel merito perché non mi compete, ma un dato di fatto c'è: questi pochi balordi minano la credibilità delle azioni pacifiche, anche se di protesta, della maggioranza che manifesta; ne rendono invisibile e insignificante il gesto. Chiunque, a distanza anche di pochi giorni, ricorderà infatti, i vetri rotti, le bombe carta, i cassonetti divelti e incendiati, gli slogan di pochi facinorosi mascherati che inneggiano " all'assedio."  Il resto del corteo, la stragrande maggioranza dei partecipanti scivoleranno silenziosi, senza più parole di civile protesta, nella nebbia del non ricordo. Della perdita della memoria..

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