sabato 20 luglio 2013

Vorrei la luce.

In questi giorni, ieri e oggi, cadono gli anniversari di due fatti - della strage di V. D'Amelio a Palermo e dell'assassinio di Carlo Giuliani a Genova - che hanno in comune una stessa matrice e uno stesso effetto: l'oscurità, le tenebre che lo Stato ha posto, come un sudario, su di essi. Sulla strage in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino e con lui la sua scorta, crediamo di sapere tutto: immagini impietose, per oltre vent'anni, ci hanno mostrato ogni cosa, lo scempio, la devastazione, le urla, il silenzio dopo lo strazio, le riflessioni, i commenti, le corone di fiori, le commemorazioni, le proteste, i processi. Mai la verità, quella no. Quella tace, imbavagliata, forse dimenticata come un ostaggio nelle mani dei rapitori, che nessuno cerca più perché non si sa dove cercare o non si vuole più cercare,
Della morte di Carlo ho un ricordo sfocato. Vivevo quei giorni del G8, come tutti quelli che non erano a Genova, attraverso i filmati e le parole che arrivavano sui teleschermi. Suscitavano in me quelle immagini, un annichilimento rabbioso, un continuo ondeggiare tra opposte emozioni, la voglia repressa di essere lì con quei giovani assieme ai miei due ragazzi, di partecipare, sfilando nei cortei allacciata alle loro mani, che mi facessero loro da guida; e, all'opposto, la rassicurante certezza di averli  al mio fianco a guardare quelle immagini che sempre più si tramutavano in violenza, nel rifugio della non partecipazione. Poi arrivò, contraddittoria, la notizia del ragazzo morto, di Carlo Giuliani, steso sul selciato di quella piazza di Genova che non conoscevo, immobile nel suo sangue. E fu come vedere mio figlio o mia figlia, fu come essere lì accanto a quel corpo senza più vita né sogni né futuri passi né corse né gioie né parole. Ero lì, muta in quella piazza sconosciuta piena di grida e di morte. E dopo ancora, tutto il resto, ancora odio e ancora sangue, Tutto è sfumato nei miei ricordi, l'ho già detto, va verso il buio silenzioso di uno Stato senza memoria. Io vorrei la luce, io la aspetto ancora.

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