martedì 23 luglio 2013

In un frammento di memoria.

Le notizie non aspettano che tu sia pronto a riceverle, non quelle brutte. Arrivano e basta. Ti cadono fragorosamente addosso, spezzandoti in una miriade di frammenti di specchio, ogni frammento di te riflette un ricordo, in un gioco di luci abbaglianti e di ombre nere. 
Rivedo la casa grande, ero talmente piccola io forse, la stanza ricolma di libri, pregna degli odori della scrittura e della polvere dei libri allineati negli scaffali; rivedo il salotto con il pianoforte e il divanodi pelle in po' usurato dagli anni, con i quadri che macchiavano le pareti coi loro colori a olio, su su fino al tetto: rivedo il barattolo in cui galleggiavano le amarene, quasi liquefatte dal caldo, nello sciroppo rosso. Il barattolo se ne stava poggiato sul marmo della finestra prospiciente il piccolo giardino e veniva aperto per dissetarci, una bibita di ghiaccio tritato e succo rosa che era il premio alla passeggiata per arrivare fin lì. In sottofondo le chiacchiere della nonna e della zia, autorevoli voci delle donne anziane della famiglia; e l'improvviso spezzarsi di quelle voci, l'irrompere di uno scroscio di risate, quelle dei cugini più grandi, quella di un cugino di mio padre, il più giovane dei cugini, il più vicino a noi. Alto, bello, forte. Più tardi lo avrei visto come un imperatore romano, come Adriano, il mio prediletto. E noi bambini e ragazzi poco più che bambini, continuavamo a giocare, a scorrazzare giù per la strada senza pericoli, se non quelli di un ginocchio sbucciato, in attesa di essere richiamati e speravamo sempre in un film all'arena o in un cono. Io correvo un po' meno e se correvo, mi sbucciavo un ginocchio, ero un'inguaribile pigrona e preferivo i libri e le parole alle corse in giardino. Ora mi restano i ricordi e sono tanti per una bambina, ma non sono pochi anche per una donna quasi vecchia. Quella casa con i suoi abitanti è con me, assieme ai miei fratelli. Niente può togliermela, neanche una notizia che mi spezza in miriadi di frammenti.

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