mercoledì 17 luglio 2013

Un ultimo sogno.

E volo via, mi lancio verso mete sconosciute o amate e omesse dalla mia vita, per una scelta ormai custodita tra vecchie foto e biglietti scaduti. Scorgo con gli occhi della memoria paesaggi imbevuti di acqua, cieli scoloriti con nuvole che si tuffano nel mare come cavalloni in tempesta e cavalloni che dal mare salgono al cielo in un unico ribollire e tuonare e scrosciare. E giro vorticosamente su me stessa, come in una danza di dervisci, con le braccia allargate a contenere tutto il verde che mi circonda. Mi risveglio e sono nella mia estate sudata e sciroccosa, meno che gli altri anni, ma sempre qui sono e il respiro del mare si fa strada a fatica nella notte cittadina. Sono qui, in questo mio Paese che si dibatte nelle incertezze e nella stupidità di molti, sono qui, dopo aver sognato di esserne lontana, altrove troverei le stesse difficoltà è probabile, la crisi (questa nuova peste medievale che si aggira per l'Europa, falce alla mano, come in un dipinto di Bruegel il Vecchio) è dappertutto. Ma non proverei vergogna di me, non mi sentirei connivente di chi insulta e deride altri solo perché hanno la pelle di colore diverso o altro credo o altre usanze; non proverei vergogna per l'accettazione abulica che mostriamo nei confronti di chi corrompe e si lascia corrompere; non proverei vergogna per questa mia amata e sventurata terra in mano a predatori rapaci che continuano a divorarla con il nostro silenzio. O forse ne proverei di meno, quel tanto che mi basterebbe per andare avanti, per tornare a guardare gli altri senza diffidenza e rabbia. Sarei straniera in terra straniera, lascerei ai miei occhi la gioia di colmarsi di  altri occhi, ignoti a me e pieni di promesse. E se queste non venissero mantenute non me ne curerei, non mi sentirei tradita, non sarebbero gli occhi della mia terra, sarebbero solo quelli di un ultimo sogno.

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