lunedì 4 marzo 2013

La Storia siamo noi: una figlia lontana, il sorriso di un bimbo e una bassotta.

Mi attacco con pervicace volontà alla fiammella della speranza. Per non cadere, per non precipitare nel nulla di questo periodo storico. Perché Storia siamo tutti, cittadini scalpitanti e clown evocati e presunti, ma pare che non ce ne accorgiamo. Io spesso lo dimentico, vivo stupidamente, così, tanto per dire che faccio qualcosa. Leggo le notizie, mi aggiorno come si dice e mi lascio sopraffare dalla collera: poi una telefonata, il libro che mi sorride invitante sullo scrittoio e che ho trascurato di riprendere in mano, stornano il pensiero e annego in altro. Nel quotidiano sopravvivere. Nell'attesa di una figlia lontana. Nella tenerezza di un sorriso di bimbo o anche nella leccata sul viso di Matilda, la bassotta tedesca che mi ha preso il cuore. E per un po' ho una tregua, dimentico di essere nella Storia, dimentico tassi di disoccupazione, imprese che chiudono e licenziano, l'Europa che ci guarda con preoccupazione. Preoccupazione? Sono stufa di esserlo, preoccupata, sono stufa che altri lo siano per me: voglio un'altra Storia, con nuovi capitoli da scrivere senza buffoni di corte e senza re, senza fanfare di guerra e bandiere nazionali. Non so voi, ma comincio a preferire la mia storia, in attesa di una figlia che arriverà; della tenerezza di un sorriso di bimbo; della leccata sulla faccia di Matilda la bassottina tedesca che mi scalda il cuore.

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