venerdì 29 marzo 2013

Il resto, solo nebbia.

Ieri ho ascoltato le parole d'accusa di una madre, pronunciate con un dolore composto, come quietato dagli anni trascorsi dalla morte di un figlio, come un ospite sgradito a cui ci si abitua perché è nella nostra casa. Solo l'incrinatura tremante del fiato tradiva la lacerazione visibile come quelle sul corpo del figlio. Il volto grande, i capelli un'onda scura sul pallore, l'immobilità del corpo, mi hanno riportato alla solenne bellezza di Andromaca. E questa immagine della tragedia greca si stagliava netta, in altorilievo, sull'illusorio fondale  di un coro stonato. Proliferavano le grida e le voci, i discorsi parevano perdersi nell'aria, spirali di fumo del braciere nel tempio, senza intaccare il dolore. Restava lì, presente e vivo, mi pulsava dentro come un secondo cuore. Una madre e il corpo morto del figlio. Il resto era solo nebbia.

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