sabato 29 ottobre 2016

La ricerca dell'Altrove.

Vorremmo, in alcuni periodi dell'esistenza, essere altrove, forse. E ho citato il titolo di un romanzo di Amos Oz, autore che amo molto. L' Altrove è il luogo dell'immaginazione, della dimenticanza, della fuga dalla realtà che pare soffocare ogni possibilità di speranza. Ed è anche il luogo della memoria, di una trasfigurazione malinconica del passato che tende ad accogliere le nostre istanze di quiete, di trascorsa felicità. Un riparo offerto al senso di perdita, al disorientamento sconfortante che impedisce di procedere, che intralcia il passo. Ma c'è anche il forse e non è meno importante, contiene in sé tutti i dubbi, le incertezze che racchiudono il nostro vivere il presente. Difficile districarsi,  è un garbuglio intricato questo sottobosco, rovi e sterpi, ombre che oscurano il fioco filtrare del sole. E si cammina a vista, scansando le trappole e le buche, lacerando lembi di pelle con le spine, prendendo storte alle caviglie, con le vesciche alle mani e ai piedi. Con nuove cicatrici nel cuore. Si va avanti, perché è questo che ci resta, continuare a cercare l' Altrove, dalla condizione umana e dalla memoria, continuare a spingerci dentro con la determinazione dell'esploratore che non sa cosa troverà, ma penetra infaticabile nei territori sconosciuti.
Ci sono periodi dell'esistenza che suggerirebbero la resa. Ma la resa è la rinuncia alla vita, è la consegna di sé all'indifferenza, è la rinuncia di sé. Altrove, forse c'è.

James Tissot "Figliol prodigo, la partenza"  -  1880-82

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