giovedì 13 ottobre 2016

Una giornata particolare.

Oggi è una giornata particolare. No, non come quella raccontata magistralmente da Ettore Scola nel suo film, non ci sono state (per fortuna) "adunate oceaniche". Oggi è scomparso Dario Fo, il giullare del popolo, il giullare che non abitava presso le corti dei potenti. Di lui manterrò vivo il ricordo di una sera a teatro, con il suo grammelot smozzicato e inestricabile che esplodeva dagli occhi roteanti e irridenti, dalla mimica del corpo forte e agile, dalla risata fragorosa che contagiava e seppelliva, come avremmo sperato noi che lo guardavamo e ridevamo con lui, chi del potere ingiusto e vessatorio si è  sempre fatto scudo.  E la sua gentilezza, la sua capacità di essere artista sul palco e uno di noi,  tra il pubblico. Un senso di perdita, una nuova assenza, uno scintillio di lacrime e di sorriso insieme nel ripensarlo. E la speranza, anche per me, di trovare, chissà un domani, una sorpresa. Buona sorpresa allora, amato Dario.
E oggi è stato assegnato il Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan. Strana coincidenza! Nel 1997 venne assegnato proprio a Dario Fo, e chi lo sa se tra quelli che oggi ne tessono le lodi ci sono anche quelli che, allora, ne criticarono ferocemente la legittimità al più prestigioso dei Premi.
Due menestrelli, due cantori, due diversi modi di esprimere la singolare posizione di chi contesta un mondo, un modello sociale. Accomunati dall'identica volontà di raccontare la vita e le sue malinconie e le sue miserie. Dario con la parola, con la scrittura; Bob con la parola e con la musica.
Quando ho letto la notizia del Premio a Dylan non nascondo di avere avuto un momento di stupore, forse anche un lieve disappunto, mi aspettavo altro, mi aspettavo che uno degli scrittori che più amo, Roth o Oz, o De Lillo, ricevesse il meritato trionfo , il serto che gli spetta certamente. Poi però ho riascoltato Bob, ne ho riletto i testi e sono tornata indietro nel tempo. Mi sono venute le lacrime agli occhi, ho percepito l'accelerazione dei battiti, ero nuovamente una ragazza con la gonna e i capelli pieni di sogni, andavo incontro al futuro e non temevo niente perché ero giovane, perché non potevo sbagliarmi: quello era un tempo buono, quello era il mio, il nostro tempo.
La motivazione che la giuria ha dato nell'assegnare il premio al musico-poeta, mi è parsa allora perfetta "Ha creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana". 
E così adesso sono in viaggio, a ritroso, con un'assenza che accompagna e una presenza che continuerà, spero ancora per un bel po', a rallegrare il mio cammino.  mi resteranno accanto nel passato struggente, nel presente incerto, nel futuro che una certezza ha.
P.S. Non è un caso che abbia scelto un dipinto di Marc Chagall!

Marc Chagall  "Sopra la città"  -  1918

3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. Sarò sincera: se mi sono fermata a leggerti è stato proprio grazie a Chagall, visto in mostra e adorato fin dal primo momento! Interessante la lettura, ma credo di essermi davvero emozionata quando si parla di "capelli pieni di sogni": mi sono venuti in mente i momenti più belli, la libertà e tutto ciò che sto vivendo ora. Non credo dimenticherò facilmente quest'espressione! Buona serata :)

    RispondiElimina

Lettori fissi