I figli rappresentano, di solito, lo scrigno da aprire: dentro c'è, già dall'inizio, ogni ben di Dio. La bellezza di accompagnare e di essere accompagnati, l'intensità dell'apprendere e dell'insegnare; l'amore da travasare e nel quale naufragare con lietezza. Qualche volta anche il dolore da sopportare insieme, ma ponendolo sulle nostre spalle perché il peso non sia troppo oneroso per loro.
D'un tratto, senza preavvisi, avvengono altri incontri. Gli anni sono trascorsi in fretta, i figli sono venuti fuori dallo scrigno, sono gemme solitarie che aspettano di regalare la loro luce ad altri. Si è destabilizzati da questo, inutile negarlo, ci si chiede chi sarà il portatore di nuovi doni e se sarà capace di portarli. A me è accaduto di ricevere nuovi doni.
Per caso e per
amore.
Sei arrivata
tra fiori, fasci di rose
Tu che dici
di non amare le rose.
Sei giunta
sotto casa, gli occhi incerti
Sai non lo
dimentico quel giorno.
Seria e
timorosa bambina apparivi
E io non
conoscevo ancora la tua risata.
Il mantello
bruno dei capelli ti cingeva
Nel viaggio senza
sosta, correvi e i libri
Erano i tuoi
compagni e ne parlammo subito.
Ricordi? Pessoa
e gli altri affastellati sulle tue
E sulle mie spalle,
il generoso premio della vita.
Poi venne la
risata e venne anche il mio pianto
E tu avevi laghi
scuri e dolci in cui nuotare,
mi eri accanto
e non c’era una madre per me,
non c’erano parole
al mio errare triste,
la mano calda
tendevi e l’afferrai, eri la figlia.
Un’altra figlia
incontrata per caso e per amore.
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