lunedì 26 giugno 2017

La cortigiana.

Traendo spunto da un siparietto avvenuto l'altra sera in una trasmissione tv, dove uno dei tanti guru di cui la felix Italia gode il privilegio di avvalersi, il signor D'Agostino per l'esattezza; e traendo l'amaro fiele delle ultime consultazioni elettorali, anche se circoscritte a Comuni piccoli, piccolissimi e alcuni capoluoghi di Provincia, mi ballonzolano dentro alcune idee, in effetti vecchi convincimenti assurti a tali  un po' per esperienza diretta, un po' per l'osservazione incuriosita e disincantata delle mie genti.
Il Dago(spia) recitava pomposamente nasale la squisita e stracca banalità "la coerenza è sintomo di stupidità", asserendo tra uno scintillio di occhialoni nerd e una lisciatina alla barbetta caprina come il "tradimento" (politico come anche amoroso) sia un salutare indice di cambiamento, di rinnovamento. E citava, illuminante esempio, l'abbandono dell'amico d'antica data, fidatissimo ma ormai poco interessante, per l'amico nuovo, promettente simbolo di esperienze rigeneranti e, anche perché no, possibilmente di opportunità più lucrose, spiritualmente e materialmente. Ed effettivamente, a ben pensarci, è vero. Un  miserando esempio lo offrono i social, ormai nitido specchio della società. Le "amicizie" vanno e vengono come le frotte sui marciapiedi della Fifth Avenue, sbirciano la vetrina, irrompono, si trattengono e intrattengono. Finché  non incontrano una vetrina più abbagliante, davanti alla quale la calca sgomita per entrare. E così via, in un susseguirsi di faccine ridenti di cuori di stilnovistici commenti. Tra questi viandanti spiccano i cercatori veri, o più prosaicamente, i cani da usta: quelli che disdegnano l'insignificante merciaio ( la bottega è angusta e gode di poca luce) e si dirigono, con la lingua a strascico, verso le sfolgoranti vetrine dei più rinomati negozianti. E qui si comportano com'è d'obbligo, è gradito l'abito scuro e il linguaggio forbito, insomma applausi sapientemente elargiti e omaggi e inchini da perfetti lord e lady. Una bellezza (la parola bellezza è qui la più usata, anzi abusata).
La metafora della vetrina e della bottega mi è sta utile per descrivere l'opportunista dei social. Ed essendo i social, come già detto, lo specchio in cui ci specchiamo, credo di avere detto quello che penso circa il carattere - una buona fetta - di noi italiani. E allora Dago tornando al tuo elogio del tradimento, io lo definirei elogio dell'opporunismo. Più stupido e più pedissequo.
Il secondo spunto, quello che mi viene suggerito dalle elezioni, è equipollente, paritetico al primo. Gli italiani, anche in politica come nella quotidianità, sono impegnati nella spasmodica ricerca non della felicità ( sarebbe cosa buona e giusta) ma dell'opportunità "individuale" . E qui mi riallaccio all'ispirato Dago che, discettando di azzeramento delle ideologie, ne tesse l'apologo. E io non sono d'accordo che ciò sia un bene.  Quella  che, a pare mio, ne scaturisce è una visione ristretta, asfittica, svalorizzata della società. Una visione che ha perduto il senso del bene collettivo, a vantaggio del bene individuale. Ogni cittadino si limita a osservare l'angusto spazio in cui si nuove e vive, identificandosi esclusivamente con quelli con cui condivide uguali aspirazioni, paure, aspettative. E se il referente politico di turno è capace di giocare nel ruolo del "ghe pensi mi" ben venga, la vittoria è assicurata, il rinnovamento auspicato dal barbuto santone è in atto.  E gli altri?  Quelli che avrebbero potuto e dovuto lottare per i "valori", per una società inclusiva e più giusta? Quelli non ci sono più, dissolti in mille rivoli secchi, come i ruscelli melmosi di questa torrida  estate.
Torneremo al Benefattore. Ovvero al Padre, al buon Padrone che promette di tenere a bada le paure e le ansie, che promette di dare perché è ricco e potente; il Signore alla cui corte approssimarsi con animo reverente e lamentosa voce, certi che l'untuosità dei gesti e delle parole compiano il miracolo atteso: siamo compiacenti, siamo sottomessi e confidiamo in te,  fai di noi ciò che ti pare, ma offrici riparo e protezione. E se puoi illudici di essere con te, alla tua mensa.
Figli orfani? Cortigiani per indole e storia? Non lo so, non ho né il talento, né le capacità, né il tempo e la voglia per appurarlo.
Non mi resta che ripetere tra me e me alcuni versi di Dante, mestamente.
Non mi resta altro, se non pensare a una cortigiana. Sì, l'Italia è una puttana.


Michelangelo Merisi di Caravaggio  "Ritratto di cortigiana"  1597

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