venerdì 18 settembre 2015

Vincitori o vinti?

Una cosa è certa: non torneremo più indietro, non saremo più quelli di prima. Con le nostre certezze obsolete e sfrangiate come vecchie coperte che non danno più calore. Non saremo più quelli, con le nostre consolidate abitudini alla mediocrità di un'esistenza racchiusa in angusti confini fisici e mentali; non saremo più quelli, sballottata dalle crisi finanziarie che altri vogliono e decidono, ma sempre pervicacemente aggrappati ai forzieri dei Paperoni che  li custodiscono; non saremo più quelli, con le nostre case nido, dove covare segrete rabbie e perenni affetti, chiusi a ogni grido, a ogni richiamo che non sia il nostro.
Una massa preme, una valanga rotola precipitosa verso di noi, incontro alle nostre ordinate e quiete vite. Sono uomini e donne e bambini che fuggono per mare e per terra, vogliono la salvezza, vogliono la vita. Precipitano sopra di noi, penetrano nelle nostre case dai monitor e dagli schermi, con i loro volti affannati e affamati, con le loro grida di dolore. Il dolore, una parola che sempre cerchiamo di tenere lontana da noi, che conosciamo bene però nelle esperienze più intime e laceranti della nostra vita; il dolore, in questi tempi dissennati, è diventato universale, e ci coglie sprovveduti e sgomenti. Non basteranno muri di filo spinato, non basteranno trincee, né polizie, né nuovi lager. Non sono stati sufficienti in passato, quando altre maledette follie hanno tentato di metterlo a tacere, il dolore. Di questo dobbiamo, tutti su questa Terra macinata dai piedi scalzi di milioni di reietti, prendere coscienza. Altrimenti, il dolore e la sofferenza prevarranno e ne saremo prevaricati, tutti. Non ci saranno vincitori allora, saremo tutti vinti.

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