mercoledì 9 settembre 2015

Le cattive ragazze.

Ho imparato, in questa lunghissima estate, un'ultima lezione. Spero che sia l'ultima perché, alla fine del percorso, i piedi sono doloranti, il respiro s'accorcia e la mente vacilla. Una lezione che conoscevo, un ripasso di studi già fatti e assorbiti dalla porosa spugna che è la coscienza. Ed è una lezione facile da apprendere, ma difficile, urticante, tossica, da digerire.
Siamo a settembre dell'anno 2015. Il mondo intero crolla sotto i machete di infinite oscenità, miserie e guerre, barbarie venute dall'inferno medievale, umanità depredata di ogni cosa. Siamo nel 2015, l'anno violento dell'uomo. Antiche città scomparse, deserti navigati da fantocci neri e folli, uomini, donne e bambini alle nostre porte, la nuova Corte dei Miracoli che non vorremmo vedere, che vorremmo rigettare nel mare dell'oblio.
E in questo agitarsi di vecchi spettri, indisturbata, invisibile ai più, prende forma, l'astuta mezzana che, si credeva, sotterrata da un pezzo. La misoginia. Niente di spettacolare, a parte qualche stupro qua e là, a parte le  tribali sofferenze inflitte da luttuosi banditi, nel nome dissacrato della religione islamica; niente di particolare, dunque, solo il lento strisciare del veleno, al quale pensavamo di esserci, noi donne, mitridatizzate. E invece, eccolo, tossico e amaro.
Sempre quello, sempre attivo nel suo principio : la donna deve comportarsi in modo adeguato; la donna deve assumere certi comportamenti che non contrastino con le regole sociali vigenti; la donna, in poche parole, deve seguire un comportamento degno!  Pena l'emarginazione, come minimo. Il severo fremito delle narici sdegnate, l'indifferenza ostentata, le labbra strette come il culo di una gallina, saranno i segnali che ti avvertiranno, donna, della tua riprovevole condotta. Quando, non saranno più espliciti i commenti, lanciati come sassi a lapidare; o il frusciare torbido delle parole da comari in trasferta nei pub. L'uomo è uomo e, per sua stessa natura e inclinazione, è portato a trasgredire. Lo può fare, gli è concesso. Magari, una reprimenda, magari una scrollatina di testa, in segno di disapprovazione, ma con il mezzo sorriso e l'occhio divertito.
In questa lunga, terribile estate, questa è la lezione che ho ripreso a studiare, voglio ripeterla e ripeterla a me stessa. Per corazzarmi, per tapparmi le orecchie dagli spifferi. per cucirmi la bocca con filo spinato. Così da non poter ascoltare e parlare perché distruggerei ponti e fortezze. Aspetterò seduta, aspetterò calma, al tavolo di un bar. Seduta a sorseggiare un caffè in compagnia delle cattive ragazze.

Antonio Tanburro (1948-)   "Ragazze al caffè"

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi