sabato 28 marzo 2015

Un fulmine incerto.

Fulminata. E non da un lampo, i temporali si sono spenti sulla città, adesso piove un'acquerugiola sporca di sabbia color ocra che. crudele, ricorda Tunisi e il deserto che le sta dietro. Fulminata da brevi saette che attraversano la coscienza assopita e squarciano la mente su dubbi e mezze verità. Ma non parlo, continuo a tacere. Perché il silenzio è un buon compagno, si è rivelato affidabile. Da qualche tempo, mi ha imposto di vivere, in qualche modo.
E come taccio io, anche se le parole sono semi irritanti nella bocca e vorrebbero essere sputate fuori, mi sarebbe gradito che tacessero molti. E invece è tutto un brusio, un ronzio di vespe e zanzare e tafani, che pare di essere nudi e pronti al martirio di morsi e pizzichi e punture venefiche. C'è chi si diverte proprio a fare il cattivone, il bastian contrario, quello che " è inutile scendere in piazza"; quello che " lasciamoli lavorare, sono in gamba, determinati, decisi, finalmente"; quello che "io l'ho votato e gli do fiducia" come se questo dovesse bastare a tutti gli altri; quello che "e la sinistra, facendo così, continuerà a sbandare fino a diventare di destra", come se ci fosse qualcosa di sinistra in chi governa. Sì. mi piacerebbe che tacessero, mi piacerebbe che lasciassero la libertà di scendere in piazza, di manifestare il dissenso, di fare quello che si vuole, una coalizione o un partito anche, perché non tutti  hanno votato e hanno fiducia in chi governa. Mi piacerebbe che venissero fulminati, questi collerici sapienti, ma non da un procelloso lampo. Vorrei, per loro, una saetta a zigzag, come quella dei fumetti, una saetta dubbiosa, incerta. Non diritta e sfacciata, ma umilmente storpia, che gli fiacchi la presunzione e gli illumini la coscienza, arrostendo appena appena, per carità, la cattedra dietro cui siedono.

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