martedì 8 aprile 2014

Brevemente sulla Pasqua.

Quando ero molto giovane, ma proprio ragazzina, la Pasqua era la mia festa preferita. Non il Natale, come si potrebbe pensare per tutti i bambini, con il carico di doni che porta con sé (ma già che allora erano esigui e sempre di necessità), bensì la Festa che festeggiava l'imminenza della bella stagione. E non perché questo stava a significare la fine del periodo scolastico, la scuola mi piaceva, ma sempre per il mio nascente spirito romantico che sentiva l'aria vibrare di nuovi suoni e colori. Avevo anche una vaga percezione del significato religioso di essa, più che altro dovuta ai discorsi di due vecchie zie di mia madre, che a un'effettiva conoscenza. Ero, di già, un'anima volatile, nel senso che avrei voluto avere le ali per poter spiccare il volo e allontanarmi dalla terra. Ma la terra mi teneva avvinta anche allora, mi seduceva e il cielo mi appariva distante. Sono sempre stata molto più vicina alla terra che al cielo, ahimè, anche se aspiro a diventare un angelo con tanto di arti piumati e una veste con la greca in fondo ricamata col filo d'oro.
Negli anni ho imparato ad amare tutti quelli che hanno dato se stessi per una buona causa e ho amato anche il Figlio di Dio. Ma come fosse un fratello dapprima e poi un figlio.
La Pasqua che sta per venire avrà il buon odore della mia infanzia  e il sapore dolce di un amore possibile che non è mai diventato assoluto e salvifico per me.  La Pasqua che sta per venire non mi porterà nessun uovo, non lo vorrei. Sarebbe vuoto, senza la mia sorpresa.

Pablo Picasso - Colomba

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