domenica 24 novembre 2013

Il tempo ha un corpo.

Ma quanto corre il tempo? Ma che accelerazione dà alle nostre vite? Mi guardo dietro e le immagini sono nebulose visioni di paradisi perduti per sempre, di miraggi sepolti, di risate senza più allegra eco. Mi stupisco ancora e ancora del susseguirsi di cicli lunari e di stagioni, fulminei battiti di orologi a pendolo; a volte mi balena l’idea bislacca che gli scienziati si siano persi nel labirinto delle loro teorie, che l’entità astratta che definiamo tempo si prenda gioco di noi: il tempo ha deciso di imprimere uno scatto da Ferrari al suo rally e nessuno se ne è accorto. Ma è solo l’inganno della mente che rifiuta che il presente diventi passato; o meglio che il futuro possa diventare un incubo peggiore del presente. Rovelli, elucubrazioni notturne, sterili assilli del quotidiano vivere. Può darsi che  il tempo sia semplicemente una coincidenza delle nostre azioni; un dispiegarsi della volontà perché accada un evento; oppure un piegarsi della nostra volontà  alle azioni  di altri. Non so neanche io perché senta la necessità di prendermene cura, la necessità di parlarne: timore forse? L’angoscia della resa? Potrebbe essere. E in me, irrefrenabile, monta una noia sconfinata verso il mormorio che si leva dalla platea di cui anche io faccio parte; assieme al desiderio di porvi rimedio e, non avendo altre armi, di tapparmi le orecchie, di chiudere gli occhi,  di imbavagliare la bocca. Come le famose tre scimmie. Orribili a vedersi, detestabili simboli dell’umana bestialità. Mi resta un tempo mio, quello sì sconfinato. Il tempo che racchiude i sacri affetti, non è retorico definirli sacri, oggi che di sacro non vi è più niente. 
Osservo, con discrezione, le persone che amo, ne guardo i volti e ne ascolto le parole, mi abbandono alla loro cauta allegria e partecipo delle loro ansie e delle loro timide speranze. Li scorgo sorridere incerti e vorrei tramutarmi in un clown perché la loro risata diventi un’esplosione di gioia; li scorgo vacillare nella tristezza di un giorno buio e vorrei tramutarmi in un bastone perché possano appoggiarsi ad esso per non cadere. D’improvviso, il tempo ha un corpo, anzi tanti corpi quanti sono le persone amate. D’improvviso posso accarezzare il tempo.



René Magritte :  La condizione umana II   1935 



1 commento:

  1. la percezione del tempo varia a seconda della nostra età. Quando si è giovani si ha l'impressione di avere tanto tempo e lo si passa, a volte, pigramente: tanto che fretta c'è! Quando si è più avanti nell'età si fa il conto alla rovescia. Quanto tempo mi manca? Facciamo supposizioni a seconda del grado di salute che abbiamo e stimiamo un tempo più o meno lungo sperando di azzeccare la previsione. Non possiamo fare progetti a lungo termine, i figli ci invecchiano e con loro ci accorgiamo di essere invecchiati. Ora il tempo per molti di noi passa molto velocemente e questo ci può dare un senso di angoscia o di serenità se pensiamo di aver passato il nostro tempo nel migliore dei modi possibili.

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