Ma quanto corre il tempo? Ma
che accelerata dà alle nostre vite? Mi guardo dietro e le immagini sono
nebulose visioni di paradisi perduti per sempre, di sorrisi sepolti, di risate
senza più allegra eco. Mi stupisco ancora e ancora del susseguirsi di cicli lunari
e di stagioni, fulminei battiti di orologi a pendolo, a volte mi balena l’idea
bislacca che gli scienziati si siano persi qualcosa, che l’entità astratta che
definiamo tempo si prenda gioco di noi, ha deciso di imprimere uno scatto da
Ferrari al suo rally e nessuno se ne è accorto. Ma è solo l’inganno della mente
che rifiuta che il presente diventi passato; o meglio che il futuro possa
diventare un incubo peggiore del presente. Rovelli, elucubrazioni notturne,
sterili assilli del quotidiano vivere. Può darsi che il tempo sia semplicemente una coincidenza
delle nostre azioni; un dispiegarsi della volontà perché accada un evento;
oppure un piegarsi alle azioni di altri. Non so neanche io perché senta la
necessità di prendermene cura, la necessità di parlarne: timore forse?
L’angoscia della resa? Potrebbe essere. E in me, irrefrenabile, monta una noia
sconfinata verso il mormorio che si leva dalla platea di cui anche io faccio
parte; assieme al desiderio di porvi rimedio e, non avendo altre armi, di tapparmi
le orecchie, di chiudere gli occhi, imbavagliare la bocca. Come le famose tre
scimmie. Orribili a vedersi, detestabili simboli dell’umana bestialità. Mi
resta un tempo mio, quello sì sconfinato. Il tempo che racchiude i sacri
affetti, non è retorico definirli sacri, oggi che non vi è più niente di sacro.
Osservo, con discrezione, le persone che amo, ne guardo i volti e ne ascolto le
parole, mi abbandono alla loro cauta allegria e partecipo delle loro ansie e
delle loro timide speranze: Li scorgo sorridere incerti e vorrei tramutarmi in
un clown perché la loro risata diventi un’esplosione di gioia; li scorgo
vacillare nella tristezza di un giorno storto e vorrei tramutarmi in un bastone
perché possano appoggiarsi ad esso per non cadere. D’improvviso, il tempo ha un
corpo, anzi tanti corpi quanti sono le persone amate. D’improvviso posso
toccarlo il tempo.
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