giovedì 23 maggio 2013

Poi ci fu l'interruzione.

Ero in macchina insieme ad alcuni amici, in un pomeriggio già estivo di maggio ed eravamo in fila per recarci alla piscina comunale dove si sarebbe svolta una partita di pallanuoto, non è che ci tenessi particolarmente, ma era l'occasione per stare insieme a un vecchio amico sceso da Roma e anche lui come mio marito ex pallanuotista. Chiacchieravamo noi donne, ridendo di ogni sciocchezza, non ricordo, forse ridevamo dei corpi non più così sportivi dei nostri uomini e intanto la radio mandava le sue canzoni. Poi ci fu l'interruzione. Calò come una nube oscura dal cielo il silenzio, accostammo la macchina, non sentivamo più niente, né i clacson, né i rumori della città, solo quella voce che diceva l'indicibile. Pensai, nella mia Sicilia, nella sua Sicilia lo hanno ammazzato, nella sua casa, tra la sua gente, ancora altri morti pensai, ancora altri eroi da piangere vuole questa mia terra maledetta. Non ci guardammo neppure, non dicemmo quasi niente, per la vergogna e la rabbia credo. Solo dopo, quando le notizie diventavano via via più dettagliate, il dolore si tramutò in lacrime.

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