domenica 26 febbraio 2017

Camminando.

Camminando  per le strade della mia città ho visto quell'albero dal tronco centenario, un ficus forse, d'un intenso verde fitto. Se ne sta a chiudere la stretta strada, proprio in mezzo e i rami solleticano i balconi del palazzo barocco che lo stringe da un lato. C'è sempre stato, quell'albero, lo ricordo. Ma oggi mi è parso più maestoso, le braccia allargate a soffocare lo spazio tutt'intorno e la chioma folta e ampia tesa al cielo;  e sarà stato anche per l'austera scura forza della pietra lavica, di tutto quel possente barocco, che mi è apparso simile a un viceré di Federico De Roberto, mirabile e travolgente scrittore della mia Catania. E poi le vecchie strade che portano al mare, con i bastioni della ferrovia in fondo e le case alte e anch'esse nere, sporcate da anni e anni di incuria e qui e là spezzate da una piazza dalle aiuole arse e aggrovigliate e gli alberi stremati dalla fatica della sterile lotta contro lo squallore e il sudiciume dell'uomo. Risalgo per la ripida via e da lì in un ordinato, geometrico quartiere, sorto agli inizi del secolo scorso. Anche qui lungo i marciapiedi sconnessi, si allineano palazzetti dall'aspetto gradevole, ogni tanto da un cancello sfugge il ramo storto di un glicine o di un gelsomino.
Cammino e penso alle parole che ci siamo detti, prima, io e un mio giovane nipote. Abbiamo parlato della bellezza e della sua dissoluzione. Di quanta    volgare ignoranza abbia dato prova nello scempiare il paesaggio, lo strano animale chiamato uomo cittadino. Abbiamo parlato con triste rabbia dei nostri borghi appesi ai fianchi del vulcano,  borghi mortificati dal cemento, corrotti dalla speculazione e dal disamore;  ci siamo raccontati dei giardini, dei vigneti terrazzati, quasi scomparsi del tutto, delle sciare millenarie addolcite dagli uliveti e dai fichidindia, divelti in una furia di asfalto e di colate di cemento, per far posto a lunari lande su cui sorgono le nuove abitazioni, linde e tutte uguali  private delle storie che gli ulivi e i vecchi giardini sapevano narrare. Non c'è futuro se si disconosce la bellezza, perché la bellezza educa e rende migliori, ne sono più che convinta, ne ho le prove.
Ma forse abbiamo già scelto, forse il centro commerciale e l'utopia del nuovo hanno vinto e non ci resta che arrenderci alla Terra desolata.


Vincent Van Gogh "Ulivi"  1889

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