E se ci capitassero per le mani delle foto, diciamo pure, un
poco “bizzarre”, cosa ne faremmo? Foto che ritraggono coppie felicemente
appagate, allacciate nelle effusioni amorose, con gli occhi temerariamente
fissi all’obiettivo. Temerariamente sì, perché sono immagini di coppie
omosessuali, riprese in periodi storici nei quali l’omosessualità non era
ammessa dalle convenzioni sociali.
Questo è quanto è accaduto a un collezionista, il regista
francese Sebastien
Lifshitz che,andando in giro per mercatini in ogni angolo del mondo,
alla ricerca di oggetti stravaganti, ha raccolto in trent’anni una notevole
quantità di foto, creando un vero book rivelatore, ai nostri occhi ormai
abituati a vedere di tutto e di più, di un mondo ben lontano dagli stereotipi
culturali e sociali di epoche che sembrano assai remote; epoche in cui il
puritanesimo anglosassone e la cultura cattolica mettevano all’ostracismo ogni
aspetto “formale” delle inclinazioni sessuali. “diverse”.
Eppure, l’omosessualità era, ed è, storia dell’essere umano,
fin dalle prime manifestazioni dell’Arte letteraria e figurativa; ma se nel
tempio delle Muse era misconosciuta e pruriginosamente accettata, nella vita
quotidiana diventava oggetto di scandalizzato disgusto. Anch’esso non esente da
una buona dose di pruderie e di curiosità. Ma, si sa, uomini e donne, stimolati
da Cupido, non resistono alla tentazione di immortalare l’attimo fuggitivo, ed
eccoli ritratti in languidi abbracci, furtive occhiate, risate complici.
Le foto che ci scorrono davanti sono i piccoli capolavori di
un’Arte “minore” che, senza suscitare lo stupore procurato da un dipinto di Leonardo o di Caravaggio
o di un affresco pompeiano, ci regalano, con le sfumature di nero, di grigio e di seppia, le suggestioni dell’amore saffico o, tout court, omosessuale, colto dall’obiettivo con l’intento di non suscitare scandalo in periodi storici in cui, invece, ci si scandalizzava molto. La tenerezza carnale è ben visibile nelle pose, nei volti sorridenti, nei gesti morbidi dell’amore. Perché sempre di amore si tratta, il sesso a cui si appartiene poco conta.
o di un affresco pompeiano, ci regalano, con le sfumature di nero, di grigio e di seppia, le suggestioni dell’amore saffico o, tout court, omosessuale, colto dall’obiettivo con l’intento di non suscitare scandalo in periodi storici in cui, invece, ci si scandalizzava molto. La tenerezza carnale è ben visibile nelle pose, nei volti sorridenti, nei gesti morbidi dell’amore. Perché sempre di amore si tratta, il sesso a cui si appartiene poco conta.
Allora cosa faremmo noi, di queste foto? Le strapperemmo e
le cestineremmo? O, al contrario, le guarderemmo con l’occhio un poco
malinconico di chi sfoglia un album dei nonni? Propendo per questa seconda
ipotesi. In fin dei conti, potremmo
definire queste foto, le antesignane dei nostri selfie che inondano i social:
il divertissement di rendere pubblico, l’io privato. Messo a nudo,in questi
scatti, con straordinario coraggio, un pizzico d’ironia e tanta elegante
leggerezza; nei contemporanei selfie, con sicurezza, un pizzico di sfrontatezza
e una leggerezza meno elegante. Alla
faccia di qualche, residuo, moralista.
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