venerdì 1 giugno 2018

Un senso di solitudine.

Oggi si è concluso un lungo trimestre di attese. La Nazione ha un Governo. E non dico altro, non mi voglio invischiare in analisi e aspettative, giudizi, esegesi di forma (però qualcosina sulla postura elegante di Salvini ... e va bene! meglio tacere) e di sostanza. Ce ne saranno tantissime illuminanti e io non mi cimento con chi ha più strumenti di me. Certo, chi mi conosce, comprenderà bene la mia disillusa e attonita reazione, ma durano da un pezzo questa disillusione e questo sbigottimento, non sono una novità.
Tutt'al più si aggiungono questi due sentimenti, si sovrappongono, si sommano ad altri, più intimi e personali. Da qui il senso di una sconfinata solitudine, di una lacerazione tra me e la realtà che mi circonda e, in alcuni casi, tra me e le persone. Come se avessi subìto uno scollamento aggressivo, uno strappo furioso delle mie certezze.
E al loro posto si fossero insediati neonati stati d'animo. Di perdita, di smarrimento, di sconfitta anche.
Per anni ho creduto fermamente nella bellezza forte, tenace dell'essere se stessi, del non lasciarsi spostare dal proprio percorso, dalla fedeltà a quello che si è, che si è stati, per intensa convinzione, per educazione, per cultura. Un radicamento al territorio degli affetti, degli studi compiuti, delle esperienze lavorative, sociali, un radicamento dovuto anche ai libri letti e amati. E invece, no. Mi rendo conto che non è così, non per tutti. Ci si lascia abbagliare dal nuovo, ci si lascia avviluppare dai sorrisi e dai gesti, dalla bonomia che nasconde il cuore d'acciaio ben temprato. Ci si lascia abbindolare dalla gentilezza interessata e non ce ne accorgiamo se non quando non siamo, anche noi, diventati simili, perfettamente simili a chi di quei travestimenti ci è stato falso mentore. Perché, a quel punto non ci piacerà più quello che eravamo e non ci piaceranno gli altri, quelli che sono diversi da noi. Un saccheggio dell'anima e del carattere sottile, senza grandi sofferenze, operato con chirurgica precisione. Il dolore e l'amarezza colgono di sorpresa, in un ricordo, in un gesto improvviso, in un gesto non più usuale. Ma è tardi, il cambiamento è avvenuto. E, in fondo, se dovesse capitare a chi mi è caro, spero che non se ne accorga mai. Rimpianti e rimorsi sarebbero come sale su cicatrici riaperte.

Arturo Nathan "Il passaggio del veliero"  1928

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