venerdì 22 giugno 2018

Quel deserto sabbioso dentro di me.

Ho qualche difficoltà nell'affrontare questo rovello, questo mulinello di stoppie che rotola dentro di me. E sì in certi giorni avverto un deserto in me e fuori di me, una sterminata landa sabbiosa percorsa e percossa dal vento che strappa sussulti agli scarni cespugli che tentano di resistergli. Mi accorgo con sbalordimento di non capire più niente o pochissimo delle persone, di non riuscire più a giustificarne gli atteggiamenti, le parole. Un sottile minaccioso male mi insidia, insidia la mia consuetudine a perdonare, a scoprire, tra la gramigna, anche la buona erba. Mi è stato sempre istintivo questo modo di pormi con gli altri. Poi è scattato qualcosa. E so di cosa si tratta, ma per cautelare altri non posso dire di più.So che, però, qualcosa si è spezzato, e per sempre. Non guarderò mai più con fiducia agli altri, non gliela darò più come un dono senza attese. Chi commette il male, chi commette ingiustizie - a maggior ragione se chi si macchia di ingiustizia è chi detiene un potere -  non merita nessun perdono, né una pur minima parvenza di comprensione. Solo disprezzo.
Questo mio nuovo sentire che mi rende profondamente triste e inquieta, anche se rabbiosamente triste e inquieta, si decuplica e si alimenta al desco ben imbandito dei social: le ultime pietanza servite sono troppo appetitose. L'ormai annosa questione - perché non è di ieri o dell'altro ieri - dei migranti, si rimpingua quotidianamente di comunicati e proclami nazionali e internazionali a cui si aggiunge il codazzo dei facinorosi commentatori del web, in grandissima parte schierati con il pensiero dominante che detiene il potere politico. E a rimpolpare il menù, l'altra questione, meno annosa - ma anch'essa mica si scherza! comincia ad avere una certa età - è quella di Saviano.
Scorta sì o scorta no. Chi legge i miei modesti post, i miei umili pensieri in proposito, conosce bene le mie posizioni, da sempre. Io sto con il diritto alla vita, in tutti e due i casi, in tutte e due le questioni. E sono aperta alla discussione, al confronto, alla necessità anche di ricercare delle soluzioni che possano essere accettate da tutti senza però che ci siano martiri o vittime. Imprescindibile il diritto alla vita, per chiunque, a una vita che non sia privazione di qualsiasi libertà giusta e umana.
Ma non è così che ci si rapporta nei social, no. In questi, ormai annosi anch'essi, campi di battaglia, si assiste a una recidivante volontà di sopprimere l'altro, il nemico. Così c'è chi si insinua e offende apertamente; chi si insinua ed è insinuante nel voler convincere dell'inconvincibile; chi urla su fondi policromi e minaccia. Un florilegio di eleganza e di soavità a cui è quasi impossibile sottrarsi: la pazienza se n'è andata, è fuggita via assieme alla civiltà e all'umanità.
C'è ancora qualcuno, a dire il vero, che se ne sta impietrito, arroccato alle sue certezze e lo invidio, come se la storia gli scivolasse addosso, come se non gli toccasse di vivere in questa società: e resiste serafico e smarrito nelle pagine di un qualche bel libro.
Ci sono poi quelli che si allineano, ma piano piano. Pianissimo, cercano di non fare rumore, se potessero si farebbero sottili come capelli d'angelo o si appiattirebbero nell'ombra, sempre più allineati, come tante stupite Pantere Rosa. In agguato, pronte poi al momento giusto a venire fuori dalle truppe.
Ma quelli (quella?) che davvero mi divertono - e lo dico sul serio e scusate il gioco di parole -  sono i "saltellanti" ovverosia coloro che, con grazia sbarazzina, saltano da un post pro a un altro contro, commentando in calce sempre col tono pertinente al post. Insomma è sempre utile dare un colpetto al cerchio e uno, magari più forte, alla botte.
E io rimango di stucco, mi incavolo, rido, ridacchio, mi intristisco, posto fiori ogni tanto, parlo di giorni normali, di cose che accadono a tutti noi. Per non sentire, per non ascoltare, per non leggere. E intanto cresce quel deserto, prende sempre più spazio e il vento soffia impetuoso e caldo dentro di me.

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