lunedì 20 novembre 2017

La ricchezza di alcune donne.

E lo sapevo, ne ero certa, ma così certa che Muzio Scevola mi fa ridere, altro che mano nel fuoco, tutto il mio braccio! E lo avrei tirato fuori senza traccia di fiamma.  Perché se si arriva a quest'età un beneficio deve pur esserci in mezzo a tanti guasti e uno è quello di conoscere le reazioni, i comportamenti di alcune persone di fronte a una prova, una prova che è una provocazione alla risposta che dovrebbe essere consequenziale alle esternazioni, più o meno plateali, nei confronti di qualcosa. E invece, il silenzio. Da me atteso con beffarda consapevolezza.
E qui entra in gioco nuovamente, mai stanca, mai sonnacchiosa, l'infingarda ipocrisia, il sorriso sdentato, il gesto ammiccante e osceno. Una trivialità dello spirito talmente palese (Freud e tutta la moderna psicanalisi sogghignerebbero e si fregherebbero le maani posti davanti a simili inezie caratteriali) che se è sconcertante e disgustosa, non mi sorprende più. L'essere umano è un impasto da rimodellare, in fondo. Il tragico risvolto della faccenda è che non ne è consapevole.
Ma non è su questo che intendo soffermarmi.
Il caso esiste, forse. O forse nasce dai nostri gesti, forse dalle nostre riposte ansie e dai nostri aneliti a qualcosa che sia altro. E ieri, sarà stato il caso o chissà quale piccolo dio che sì agita dentro di me, ho apprezzato con un poco di maggior letizia, una ingorda letizia, ho apprezzato meglio la vita e gli incontri che si possono fare. Due donne, sicuramente molto diverse tra loro, ma simili per età e chiarezza. E mi riferisco a quella chiarezza dell'anima, quella limpidezza che è dote preziosa. Due donne che raccontano - una tramite la scrittura, l'altra oralmente - episodi legati alle loro infanzie, che raccontano persone a loro care e paesaggi e mestieri antichi e stanze in vecchie case di borghi, alcuni sconosciuti e uno, Randazzo, fastosamente arroccatosul fianco sussultante dell'Etna. Narratrici attente, dalla lingua asciugata d'ogni orpello retorico, acuti occhi che si poggiano sul passato, restituendogli una luce quieta e ammaliante allo stesso tempo. Io, leggendo e ascoltando, vedevo scorrere valli ignote e monti aguzzi, volti in ombra e fruscii di lunghe vesti femminili, echi di un passaggio remoto ma che persiste caparbiamente vivo.
Ne ho tratto conforto, il mio lavoro ha un senso mi sono detta. In questo lago piatto e infinito posso trovare la mia brezza che sollevi l'onda; posso scavare nella mia stretta aiuola e ritrovare l'antico seme da cui tutto ebbe inizio.
Posso spartire con altre compagne la ricchezza di noi donne. Di alcune donne.


Jan Vermeer "Ragazza con l'orecchino di perla"  1665 - 66

2 commenti:

  1. Superfluo ogni commento soprattutto maschile. Bellissima riflessione: elegante profonda saggia come è normale per Agata Amantia

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  2. Grazie Nino Greco, troppo generoso! La mia riflessione vuole solo essere un regalo, un segno di amore e di rispetto per alcune donne, donne forti e coraggiose. Magari con minori opportunità di altre, ma assai più meritevoli, spesso.

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