martedì 7 giugno 2016

Meglio "gouache"

A proposito di elezioni amministrative. Un amico ha definito le preferenze per il PD, a Roma zona Parioli e centro storico (quindi si direbbe er mejo dell'Urbe, quanto a ubicazione), le ha definite come appartenenti alla "gauche caviar" . E sono d'accordo. Sul caviar e anche sullo champagne e su altri pregiatissimi vini d'annata e su succulenze da deschi elitari. Meno d'accordo sono sull'uso del termine "gauche". Credo che di gauche, le elettrici e gli elettori che hanno preferito il PD poco o nulla sappiano. O hanno, volenterosamente e con spirto allegro, dimenticato. In altri tempi, probabilmente, erano impegnati in gioiosi girotondi contro le destre ridanciane; e ancor prima, alcuni di loro scendevano a frotte nelle piazze, scorrazzando in un turbinoso frastuono di slogan e canti, con sventolanti bandiere rosse issate sulle teste. Ma la vita è un lungo cammino e si fa presto ad arrotolare le bandiere e a indossare vesti più consone ai ruoli che vengono assegnati, vuoi per sorte benigna, vuoi per scelta, vuoi per baratto.
A me la parola "gauche" evoca altro. Ancora oggi mi emoziona, con sofferenza e malinconia, Ma io sono una vecchia sognatrice e le mie speranze non hanno peso, sono guizzi di luce nell'oscurità.
Però non mi va che questo termine si annichilisca così. Quelle elettrici e quegli elettori, il cui voto è legittimo sia chiaro, possono asserire di essere tutto e il contrario di tutto, fuorché di "gauche".
Al massimo possono apprezzare a un vernissage, una "gouache": è solo una questione fonetica, metatesi e aggiunta di vocale.


Marc Chagall, Madonna of the Village, 1938-1942 

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