mercoledì 1 giugno 2016

Le attese.

La primavera inoltrata scappa. Inafferrabile fanciulla dalle mille espressioni, mutevole e capricciosa. Si agghinda, per giorni, d'azzurro e d'incanto scolora in tinte sbiadite; si agita di venti furiosi e si placa di brezze salmastre. E le città e le campagne stordite da fremiti d'uccelli, avviluppate dai colori sgargianti di nuovi germogli, ricadono nella nebbiosa malinconia di un autunno precoce. Ma la bella stagione è vicina, non tremate cuori fragili, la canicola presto asciugherà ogni goccia e resteremo a invocare una tregua. Poi tornerà ancora la pioggia, torneranno ancora le nuvole gonfie e ammassate all'orizzonte e tutto sarà come prima, nel cielo che eternamente ripete se stesso.
Io amo un po' tutte le stagioni, ognuna ha una peculiarità che mi è gradita. All'autunno, però, si accosta la mia anima, lo aspetterò, una volta ancora.
Come aspetterò altre cose che renderanno colmi i miei occhi, che sazieranno il mio cuore. Abbiamo tutti un'attesa e tutti vorremmo che non fosse solo una speranza.
Nel frattempo, ci sono quelli che aspettano, più prosaicamente, un nuovo sindaco per la loro città, con l'illusione che possa essere finalmente il migliore; e quelli che aspettano un nuovo premier, un nuovo presidente che li rappresenti; e quelli che aspettano il referendum - sì o no - e ne fanno una questione di vita o di morte. Tutte attese legittime che meriterebbero risposte degne e determinanti.
Ci sono anche quelli che aspettano un lavoro per poter vivere senza più paure e vergogna; e ci sono quelli che aspettano di poter, semplicemente, vivere.
A queste due categorie, spesso composte di giovani e giovanissimi e bambini, mi associo anche io che non sono più giovane. Sono in attesa con loro e quando quest'attesa sarà colmata, allora sarò sazia. Sazia e appagata di ogni stagione.


Edward Hopper  "Eleven A.M."  -  1926

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