giovedì 23 giugno 2016

Inafferrabile.

Tutta l'Europa, quella che conta, quella che fa il gioco del bello e del cattivo tempo, quella delle  banche e delle Borse, è con il fiato sospeso. Almeno così si dice. Aspetta il responso dell'oracolo, quello che l'algida albionica Sibilla vorrà consegnare alla storia. Noi, miserevoli comuni cittadini aspettiamo, non sappiamo fare altro. E soprattutto non sappiamo leggere nelle trame e nelle manovre dei potenti. Stiamo qui e aspettiamo, come sempre, o quasi.
Non sappiamo se provare dispiacere, delusione, angoscia. Il problema è talmente avulso dalle nostre semplici quotidiane attività, tutte tese, in definitiva, alla sopravvivenza, alla ricerca di una stabilità, che ne restiamo distaccati, lontani almeno quanto lontana è la Gran Bretagna. Se cambierà qualcosa, cambierà per tutti,  potrebbe essere questo il pensiero dominante. Non so.
Personalmente provo un vago rammarico, un pungolo molesto dentro. Che non è riconducibile a niente di materiale, di tangibile,. Solo a un'illusione, una chimera, una speranza.  Peraltro già ampiamente disattese negli anni. Mi era piaciuta l'idea dell'Europa madre comune, sì mi affascinò un tempo. Ma ero giovane e si sa, i giovani hanno sempre speranze e sogni, se ne nutrono.
Ora ho altre speranze - no, non rinuncio ad averne - e sono proiettate nel futuro, hanno corpo nei corpi dei milioni di bambini che lottano per vivere e negli occhi dei giovani che lottano per avere il loro posto nel mondo. Ho la speranza, dura e cocciuta come un mulo, che l'umanità ritrovi la strada verso l'umano. Senza retorica, senza slanci d'eroica bontà. Umanità, il senso di appartenenza all'Uomo, il senso del valore e dell'opportunità che l'essere umani contiene in sé.
Se la Gran Bretagna dovesse andare via dall'Europa, non ho idea se sarà un bene o un danno, dal punto di vista economico, per lei e per noi europei che tali resteremo. Non lo so. Certo, qualcosa perderemo però, tutti. Forse di inafferrabile, forse di  incomprensibile, ma qualcosa perderemo.

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