mercoledì 4 maggio 2016

Una riflessione virale.

Quella che sto per scrivere è una riflessione dovuta alla spiacevolezza di un episodio quanto mai banale, ordinario per chi utilizza il web, per chi come me ne fa un uso, se non proprio quotidiano, abbastanza frequente.
Per la seconda volta nel giro di poche settimane sono stata soggetta all'attacco di un virus particolarmente aggressivo. Ora voi vi chiederete: "e allora?"  Certamente, è ritenuta cosa normale, è il rischio che si corre a veleggiare in questo mare senza suoni e senza onde, in quest'oceano silenzioso e solitario. Una traversata in solitudine, all'apparenza. E però ha il potere di raggiungere altre esistenze a noi, molte volte, il più delle volte, ignote. Il fatto in sé non mi ha sconvolta, non più di tanto, ci si fa il callo anche alla stupidaggine, alla vigliaccheria della mano nascosta nell'ombra che con un clic s'insinua nella tua vita.
Quello che mi fa paura non è il gesto, per quanto incomprensibile a una mente che non sia malata, bensì la contiguità, la familiarità che questo gesto ha con la realtà in cui viviamo, la realtà di carne e sangue, dico.
In questi tempi di conoscenze globali, di mercati spalancati su incerti camminamenti, di scambi culturali, sociali dei quali, alla fine, non resta che una traccia ininfluente sulle nostre vite tutte sbarrate dai catenacci di vecchi egoismi; in questi tempi così altalenanti, in bilico sempre tra passato e futuro, noi tutti non conserviamo nessuna integrità, non siamo più capaci di reagire alle manipolazioni di cui ci sentiamo, oscuramente, vittime. Altri decidono per noi. Hanno i loro clic con cui dare l'input perché avvengano i fatti. Sì, è sempre stato così, le grandi egemonie dei regni e degli imperi di antica e più recente storia agivano allo stesso modo, con altri mezzi, e quasi sempre erano le guerre a determinare le sorti e l'avvenire stabilito per i popoli. Ma cosa è cambiato, alla fine? Cosa c'è di diverso, se non la parola "democrazia"? Una parola di nobile lignaggio, una parola che ha scaldato cuori e per la quale tanti, uomini e donne, sono morti. Ma la democrazia impone dei doveri e dei diritti. E noi dovremmo saperlo.  A sentire i notiziari, non mi pare. Restiamo seduti a indignarci, con l'occhio lacrimoso e la mascella contratta e intanto si ergono muri di filo spinato,  novelli pistoleri si affacciano oltreoceano con piglio truculento e mento molle, finanzieri e banchieri dettano le regole perché il lavoro ci sia, ma non per tutti.
Qualche clic va fatto, qualche mano nel buio dovrà interrompere l'accesso alla vita, alla normalità della vita. Dicono che sia progresso, modernità. Per me è mannaia sulle teste dei meno fortunati. Che sono la maggioranza.

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