giovedì 7 maggio 2015

Una mappa allo specchio.

Capitano giorni in cui una telefonata ti accende una luce e ogni cosa si aggiusta, brillando e ti pare di essere in pace, non litighi più con la tua faccia riflessa nello specchio del bagno, ti appare gradevole. E si ha voglia di uscire tra la gente, di camminare senza una meta, così, solo per vedere dove vanno gli altri e se portano sul viso la tua stessa espressione di rilassatezza, di quiete.
Di solito, ci si sente buoni, pronti a soccorrere il prossimo, a offrire una spalla allo sconforto, ci si sente amici. Ma poi inciampi e ti ritrovi lungo disteso per terra, con il fondoschiena dolorante e la vista annebbiata, e nessuno ti porge una mano. Porcaccia miseria, ti dici, e gli amici? e l'amico del cuore dove cavolo è finito? Forse non mi ha visto cadere, forse si è distratto, pensi. E hai indovinato, senza averne neanche  cognizione. L'amicizia si distrae, è una sua variante, potremmo dire una sua peculiarità. Sì, perché l'amicizia si nutre di distrazioni, le pretende. Le distrazioni di un viaggio fatto tanti anni fa, in allegria e senza pesi sulle spalle; o quelle delle serate trascorse a spizzicare e bere e chiacchierare e canticchiare e anche ballando, un tantino ubriachi, e le chiacchiere erano leggere piume, farfalle colorate e transitorie, e i passi sbagliati non ti sorprendevano, come le risate che salivano nel vento tiepido delle notti estive. E c'era pure l'attimo dell'incanto, gli occhi che si incontravano e sapevano tutto l'uno dell'altro. Ma era l'attimo fuggente, come nell'amato film.  E gli anni si inseguivano e macigni si accumulavano e l'amicizia si distraeva, ancora. Talmente, da deviare barcollando sotto il carico di troppi ricordi.
Ci sono giorni così, giorni in cui una telefonata non ti accende più e niente cambia.
Ti guardi allo specchio, nel bagno, e ti vedi come sei, con una città disegnata sul viso, e però non ti dispiace, non più.


Giorgio De Chirico   1920 Doppio autoritratto 

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