domenica 8 febbraio 2015

No, non la dea Vesta.

Ecco, quello era il succo della spremuta. Adele non ce la può fare da sola. Adele ha due figli e un marito a cui pensare. Una casa da pulire, anche se c’è la colf a ore, il lavoro è tanto.  Ergo, Adele non è capace di cavarsela al di fuori delle mura domestiche.  Fino a quando si tratta di incerare e spolverare e lavare e stirare, Adele è il massimo, una dea Vesta col sorriso stracco e scimunito, amorevolmente fisso sugli abitanti della domus.
Sulla tavola la zuppiera era vuota, Adele si alzò e dalla credenza prese la teglia della parmigiana, le prime melanzane, un’ora a friggere, e nel microonde si scaldavano le crepes di nutella per i ragazzi e alla crema di limone per Pietro. Una mattinata avanti e indietro, a lucidare con le ciabatte la ceramica della cucina e, come se non bastasse, era anche uscita per portare il pranzo alle due vecchiette e a Dishna. Era sgattaiolata fuori dalla casa della madre senza salutarle, una criminale oppressa dal misfatto commesso. E ora, eccola lì in quella stanza già arrostita dal sole primaverile, accerchiata dai mobili austeri della suocera, accerchiata dai tre che esigevano risposte e cure. Non era una dea benigna. No, si sentiva, piuttosto, lo spirito malevolo di una strega che le zampettava dentro.  Non voleva un altare dove si potessero appendere ghirlande e ceri votivi per propiziarsi i favori. 
(Tratto da "L'assente") 

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi