venerdì 4 luglio 2014

Il mare negli occhi severi.

Un'isola vive di mare, respira di mare, ha dentro di sé il mare, è il mare. Il mare che la cinge da tutti i lati, cullandola nell'utero materno. La sua storia, la sua civiltà, gli abitanti sono contaminati da sempre dal mare. Chi vive sull'isola porta con sé odore salmastro; nelle retine porta impressa ogni sfumatura di verde e di blu; ha scogli di lava nel cuore e rena bianca appiccicata alla pelle;  e rocce bianche crepate dalle radici di antichi ulivi e carrubi, sferzati dal vento salato; vigneti stesi al sole rosso dell'isola, il cui nettare conserverà nelle botti una screziatura d'azzurro profumo. Tutto questo è memoria del mio mare. Di un tempo.
Ieri avevo di fronte un'adolescente dagli occhi severi e voleva conoscere il perché di tanti morti nel nostro mare, il perché esseri umani siano diventati pesci, come se fossero tonni da squarciare in una folle mattanza. A lei non importava avere spiegazioni politiche o sociali, non ieri, non ancora. A quattordici anni si ha una visione netta delle cose e lei vede solo donne e bambini annegati nel nostro mare. Non ho avuto parole, non davanti a quegli occhi severi, non avevo niente da offrirle. Qualunque mia parola sarebbe annegata nell'acqua, ingoiata anch'essa dalle onde. Voglio anche io delle risposte, le esigo. Voglio il mio mare di sempre, non deve essermi nemico, non deve essere il cimitero dei disperati. Voglio che sia fonte di vita, come è stato per l'isola sempre. Voglio rispondere a quegli occhi severi.

Spiaggia di Calamosche. SR - Sicilia

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