martedì 18 marzo 2014

C'è un tempo per seminare.

"C'è un tempo per seminare." Ivano Fossati è per me fonte di riflessione, sempre. Ascolto le sue canzoni e mi emoziono e mi rispecchio nelle parole che sussurra con quella sua voce un po' roca, un po' vecchia, che tanto amo. E in effetti arriva il tempo di seminare, di far crescere nuovi frutti dentro di noi, dentro di me. I riti di passaggio non finiscono con la maturità anagrafica, no, sono sempre lì, nel futuro più prossimo, nell'oggi anche, ad aspettare di essere celebrati. La maturità dovrebbe significare compostezza, rigore, pienezza di propositi e di esperienze; ma potrebbe significare anche assuefazione, abitudine, quiete. Una quiete piatta molto vicina alla noia. In fondo un frutto maturo è vicino a disfarsi in polpa molle, ricca di zuccheri, ma con un retrogusto di aromi marcescenti. Io preferisco la frutta un poco più acerba, consistente nel morso che l'addenta. Per questo i giorni tiepidi di marzo mi rendono allegra, mi ritrovo a cantare e a giocare  sul pavimento con la bassotta sculettante; mi guardo allo specchio e mi accorgo di una nuova ruga, ma non importa, è quasi bella. Mi entusiasmo per un nuovo movimento, la Lista Tsipras, e aderisco con lo stesso spirito di quando, ragazza all'università, partecipavo a manifestazioni e cortei. Afferro il mio uomo e ballo con lui, in un pomeriggio senza ore.
I riti di passaggio sono dentro di noi, se li vogliamo ascoltare. Ci portano altro, ci fanno sprofondare nella sofferenza e subito dopo ci innalzano alla luce; ci fanno piangere e poi ridere; ci fanno prendere coscienza che un ciclo si è chiuso e ce n'è un altro, bendato come un pirata, pronto a rapirci. C'è un tempo per seminare, c'è ancora un tempo per cambiare.

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