mercoledì 14 settembre 2016

E vi maledico.

Sono arrabbiata, Sono veramente arrabbiata. E disgustata. Due episodi recenti mi hanno, ancora una volta, confermato i miei dubbi circa il degrado culturale e morale in cui l'Italia, una sua cospicua parte, versa.
Il primo riguarda la bambina di Melito. La sedicenne, oggi, usata come oggetto sessuale dall'età di tredici anni (per tre anni!) da teppisti criminali (uno figlio di un boss locale) nel silenzio spaventoso, omertoso di tutti: Sapevano tutti e tacevano. E ho ascoltato alcune dichiarazioni di donne, di vecchi, di giovani, la stessa indifferenza generata dalla paura. Se non il dito puntato, l'accusa "se l'è cercata". A tredici anni si cerca il primo contatto con quello che potrebbe apparite amore, ci si affida al ragazzo che corteggia e pare cotto: Ci si affida senza rete, perché spesso la rete non c'è, i genitori sono distratti, sbattono la testa tra le mille difficoltà del vivere; e la scuola e i compagni e le compagne non ci sono, sono un'assenza pesante: la scuola è solo un edificio in cui recarsi di malavoglia  e i compagni e le compagne sono chiusi, come lei la bambina di Melito, chiusi nel loro guscio di noia, di cattivi programmi televisivi, di solitudine  ai cellulari e su Facebook. Una solitudine che avvolge un paese e i suoi ragazzi e li trasforma in mostri e in prede. Alla fiaccolata erano in quattrocento su undicimila abitanti, la giornalista ieri ha detto a muso duro al sindaco:" Dovevano esserci tutti, tutti." A me resteranno per sempre impresse le parole della bambina: "Mi sento una merda".

Il secondo episodio è forse ancora più agghiacciante, ammesso che si possa stilare una simile graduatoria.
Una giovane di trentun'anni si suicida, impiccandosi.  La storia gira attorno al web, è nel web anzi che prende corpo la tragedia. Dei filmati hard, sei pare, con uomini diversi in cui c'è lei, la ragazza consenziente. Messi sul web, forse da lei stessa, per una storia di tradimenti, di ripicche verso l'ex. Una storia di squallore, una storia di perdita della dignità. Da quel momento, per mesi e mesi, la ragazza diventa la troia a cui indirizzare ogni oscenità, ogni insulto. La ragazza si uccide e gli oltraggi continuano anche adesso.
Ho detto che prima che, forse, questa vicenda è ancora più raggelante della prima. Perché una vita si è spenta, perché la morte è stato l'epilogo. Ma anche qui, tutto quello che mi balza agli occhi è la sconfinata solitudine, l'abbandono malato, l'esclusione da una società altrettanto malata e morbosa. Il web come palcoscenico per essere e non importa come ci si mostra, c'è la platea infinita ad aspettare, non le parole che non sapeva dire, ma l'unica cosa di cui era certa, il suo corpo offerto al piacere di moltissimi uomini oltre il piatto schermo di un pc.
Una storia di solitudine, di fragilità psichica, di esclusione sociale. Per una donna il peso può diventare insostenibile. Per una donna.
E gli uomini? Immagino (ne sono certa a dire il vero) che quelli che, senza pietà, la chiamano ancora adesso che è in una cella dell'obitorio, che l'appellano come "troia" "puttana" e peggio ancora, siano gli stessi che hanno spiato dal buco della serratura, che si sono messi davanti al pc a gustarsi lo spettacolo.
Ecco a questi uomini vanno le mie maledizioni più sincere.
Un'ultima cosa. Si parla tanto, e a ragione spesso, della totale mancanza di rispetto e di tolleranza, se non di manifesta violenza,  da parte del mondo islamico maschile nei confronti delle donne. E da noi, in alcuni casi, in certi contesti, in certe comunità, come siamo messe noi donne? E gli uomini chi sono e come sono?

Gino Covili "Meditazione"  1973

2 commenti:

  1. Bisogna riflettere sull'uso del Web. Diventano virali le brutture. Una narrazione come questa di Agata sarà letta da chi sa leggere, capire, emozionarsi e invece dovrebbe passare su tutti i computer di quelli che hanno offeso e offendono quotidianamente bambine e donne che non sono in grado di difendersi dalla cattiveria.

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    1. Grazie, ma è già tanto per me che alcuni leggano, si emozionino e capiscano. Tutti siamo necessari, è una guerra contro la violenza e l'gnoranza.

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